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lunedì 12 dicembre 2016

Un incipit fulminante

DOMANI NELLA BATTAGLIA PENSA A ME
di Javier Marìas


Come con “Un cuore così bianco”, un titolo di derivazione scespiriana, abbastanza criptico e polivalente, per una storia dall’incipit fulminante e la prosecuzione leeeeeeeeentaaaaaa, tanto da scoraggiare.
In effetti, leggere questo libro è stata una fatica (ritmo: 80 pagine in un anno), almeno fino a che, come per l’altro romanzo, il mio stato d’animo si è allineato con quello dell’autore e ho divorato la seconda metà in poche ore, ammaliata dalla trama, dalla curiosità di carpirne i segreti, e dallo stile labirintico, afflitto da periodi troppo lunghi, ma incantevole e dal frasario ineccepibile, specie per quanto concerne le descrizioni degli stati d’animo e degli “inciampi” mentali.
Tuttavia “Un cuore così bianco” mi era piaciuto di più, sebbene qui le divagazioni siano meno (più luuuunghe, però) e più pertinenti e il tema di base, quello della morte e della vita e dei drammi insiti in essa, sia assolutamente intrigante.
Di norma odio quest’aggettivo, specie se usato impropriamente, come nella fattispecie, a mo’ di sinonimo di affascinante, ma con una punticina di pepe in più. Eppure, in questo caso… beh, diciamo che ci sta.
Il protagonista, Victor Francés, infatti, conosce appena Marta, la donna, sposata e con un bimbo piccolo nell’altra stanza, che si appresta a commettere adulterio con lui. Se non fosse che muore. Così, giovane e bella, all’improvviso, non si sa di che o come, semplicemente lo fa, e Victor non può che andarsene nella notte, tentando invano di contattare il marito all’estero per lavoro…
Ma poi cerca di insinuarsi in quel che rimane nell’esistenza della mancata amante, in modo quasi ossessivo, portando a galla tensioni e segreti e interrogandosi continuamente sui se i perché, tra un flashback e un monologo infinito, regalandoci, peraltro, anche qualche riflessione profonda, che solleverà in noi maremoti e onde anomale.
Nel complesso, quindi, un bel libro, sofisticato, peculiare, ma impegnativo. Tanto. Salvo che si sia ben sintonizzati sul piano emotivo, senza fretta e bramosi di lenire le ferite della propria anima.

In tal caso è quel che ci vuole.

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