CUORE
DI TENEBRA
di Joseph Conrad
Romanzo
breve e intenso, nonostante il ritmo misurato, dalle descrizioni
potenti e insinuanti, dai mille riflessi inquietanti, sconvolgente,
soprattutto a livello concettuale, specie se si considera che è
pervaso di elementi autobiografici.
Lo
conoscete tutti, è quello che ha ispirato la parte finale del film
Apocalypse Now di Coppola, quella con Marlon Brandon che interpreta
Kurtz, ossia il personaggio attorno a cui ruota il libro, benché il
protagonista sia Marlow, il narratore.
E’
un classico, e come tutti i classici presenta una molteplicità di
piani di lettura, che in questo caso sono quasi stordenti,
sovrapposti l’uno all’altro…
Lì
per lì, infatti, potremmo essere portati a pensare che il cuore di
tenebra sia il Congo (per quanto mai venga nominato) ai tempi della
colonizzazione belga, e quindi il cuore dell’Africa… Vuoi perché
sconosciuto, vuoi perché pericoloso…
Ma
no. Il cuore di tenebra è il nostro, quello dell’uomo bianco, che
si corrompe, come quello di Kurtz, stimato e ammirato e invidiato dai
conterranei, idolatrato come divinità dagli indigeni, eppure
divenuto folle, tormentato e violento, poiché, appena si allontana
dalle sovrastrutture della cultura occidentale e viene a contatto con
il mondo apparentemente senza regole del Congo, l’uomo bianco
rivela la sua vera natura... che è il male, ossia l’avidità, di
denaro e di potere.
Non
perché venga corrotto dai nativi.
Siamo
noi ad essere già corrotti, nel nostro intimo. Marlow stesso ne
sente il richiamo, ma si salva perché fugge, tenendosi il più
possibile ancorato a quelle che, appunto, sono le nostre
sovrastrutture.
E
tuttavia il personaggio di Kurtz giganteggia, nonostante le sue
immani criticità: ci avvince, ci ammalia, come ammalia Marlow a
dispetto di tutte le nefandezze compiute (quelle teste impalate sono
così vive nella mia memoria… e con esse gli echi cannibalici).
In
superficie, dunque, trattasi di un romanzo contro il colonialismo,
che spaccia la razzia e lo sfruttamento per progresso. Il
colonialismo del Belgio, ma anche dell’Europa tutta, del presente
(fine Ottocento), così come del passato.
Ma
il romanzo è assai di più, dal momento che invece indaga la
categoria stessa del male, le sue origini, il suo motore… che a
quanto pare allignano nel cuore dell’uomo occidentale.
E
poi ci spiega in modo acuto, moderno e lungimirante che per giudicare
un popolo non possiamo applicargli i nostri parametri, in quanto ne
risulterebbero compromessi e distorti, ma dobbiamo prima capire e
assimilare i loro. Ossia diventare loro. Diversamente, anche solo
parlando, sia pure con buone intenzioni, rischiamo di macchiarci di
razzismo.
Un
romanzo scritto nel 1899, eppure modernissimo.
P.S.
Consiglio
l’Edizione Einaudi. Vuoi per la bellezza della traduzione, vuoi per
il meraviglioso saggio introduttivo che ti aiuta a comprendere
passaggi e sottintesi, oltre che il senso più profondo dell’opera.
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