IL
QUADERNO DI MAYA
di Isabel Allende
Per
essere della Allende, questo romanzo non è granché... Non è
malvagio, ci sono una bella atmosfera, uno stile caldo e avvolgente,
che trasuda umanità, descrizioni intense e sentimenti forti, solo
che...
Impiega
troppo a decollare.
La
vicenda di ribellione e perdizione di Maya, di per sé, regge pure,
bello il legame con i nonni e la ridda di personaggi pittoreschi,
efficace la resa del degrado urbano e del degrado dell'anima, delle
solitudini e dei congiungimenti, ma si indulge troppo sull'isola di
Chiloè... E' affascinante, non lo nego, e ricca di aspetti
suggestivi, ma sono davvero molte le pagine in cui non accade nulla,
in cui il ritmo si smorza e si assopisce...
E
poi, non lo so, la stessa Maya, la protagonista, è carina,
simpatica, ma non mi arriva al cuore, nonostante il suo
“iper-sentire” e la sua genuinità.
Più
interessante la tematica sviluppata verso la fine, con i soliti
(soliti per la Allende) riferimenti al colpo di Stato cileno e alle
sue conseguenze, la sequela di rivelazioni e colpi di scena, e
l'escalation drammatica... Ma non basta.
Perché
troppe volte l'autrice vi ha attinto e ora si ha l'impressione che ci
venga propinata sempre la stessa roba, nonostante le variabili
relative alla collocazione geografica e al passato delle
protagoniste.
Se
si fossero tagliate duecento pagine abbondanti, allora avrei potuto
dire di aver letto un romanzo piacevole, non particolarmente
originale, ma sicuramente pulsante di vita, di affetti e di passioni.
Così, invece, per quanto comunque spiacevole non sia, mi ha dato
soprattutto un senso di pesantezza, pur costellato dagli elementi di
pregio tipici della Allende.
Lo
stile, ad esempio, il frasario, la sensualità insita in ogni
accento...
Quindi?
Quindi
c'è di meglio di Isabel Allende.
Ma
se devo considerare il romanzo come avulso dalla sua produzione, non
posso che ammettere, nonostante tutto, che i pregi superano di gran
lunga i difetti.
A
parte ciò, beh... ogni tanto un romanzo della Allende ci vuole. E
sia come sia.
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