NYMPHOMANIAC
Vol. 1 e Vol. 2
di
Lars Von Trier
Al
MPM non è piaciuto molto, l'ha trovato noioso e perverso (e sì che
su Sky han dato la versione censurata) e non ha potuto fare a meno di
preocuparsi della virtù delle attrici (protetta da protesi varie e
da controfigure)... Io, invece, pur riconoscendo che qualche taglio
non gli avrebbe nuociuto, l'ho apprezzato, senza contare che della
virtù delle attrici nulla mi importa.
Non
è un film, quanto un percorso fatto di dolore e consapevolezze
acquisite a poco a poco, al prezzo della propria pelle, a furia di
bruciature e sacrifici (bellissimo il discorso che fa Joe all'ultima
seduta delle sessodipendenti), di silenzi, e di vuoti, che l'autore
non si limita a raccontarci, ma di cui invece vuole renderci
partecipi. Riuscendoci. Riducendo l'intrattenimento a favore del
pensiero.
Non
per niente Nymphomaniac è considerato l'ultimo capitolo di Von Trier
della sua trilogia sulla depressione.
In
certi punti, poi, sia per le inquadrature (a volte le immagini sono
così peculiari, estrapolate dal contesto e “sottolineate” in
vari modi), sia grazie ai commenti pregni di bellezza dei
protagonisti, non si può proprio prescindere dall'autorialità della
pellicola.
A
mon amour tutti questi paragoni, con la pesca, con le tigri, la
musica polifonica, etc. sono apparsi posticci e gratuiti... Non nego
che effettivamente siano sostituibili pressoché con qualunque cosa,
ma ugualmente io li ho trovati affascinanti. Forse non tanto per ciò
che evocano in sé, quanto piuttosto perché comunicano con contezza
la pluridimensionalità di ogni azione, contesto, significato...
Tutto
ciò che ci viene narrato viene scomposto e ricostruito, analizzato e
passato al setaccio. Ma la sensazione, alla fine, è che comunque
ci sia sfuggito qualcosa, che magari non è univoco, ma una variabile
che dipende dallo stato d'animo.
E
forse è questo uno dei punti fondamentali: lo stato d'animo. Per
guardare questo film, ripartito in due volumi, è necessario avere la
giusta predisposizione mentale, essere dell'umore, insomma,
disponibili all'attesa e all'ascolto. Ma sono stata io a scegliere
quando vederlo, in base al mio stato emotivo (squisitamente prostrato
e depresso), laddove, invece, MPM era più incline ad altro...
Per
cui, se io ho accettato volentieri i tempi dilatati della narrazione,
pur percossi da momenti di forte impatto, spesso volutamente
disturbanti (il padre di Joe in ospedale...), mon amour – il cui
senso morale è più rigido del mio – si è sentito preso un po' in
giro, e non tanto per le vicende sessuali, quanto per il contorno.
In
quanto alle volgarità... E' vero, ce ne sono. Ma sono scusabili:
servono come contrasto per il resto, sono parte del percorso di
crescita, e spesso si elevano al di sopra di se stesse. Sono morali,
addirittura. E così le scelte più drastiche di Joe, come quella di
liberarsi della propria famiglia, di lavorare nel “recupero
crediti”, o di uccidere. Perché ciò che ci viene mostrato viene
percepito come un esempio in negativo, spiegato e, alla fine,
superato.
Anche
riguardo all'epilogo abbiamo dato giudizi diversi.
MPM
l'aveva previsto fin dall'inizio e l'ha trovato scontato. Io, invece,
lo ritengo l'unica conclusione possibile, il passo finale e
necessario di un percorso proteso verso la libertà e la conquista di
sè, e per questo mi è parso geniale. Ed è irrilevante che me lo
aspettassi. Mi ha sconvolta lo stesso. E l'ho adorato.
Non
sono una di quelle che pensa che Nymphomaniac sia un capolavoro (non
è all'altezza di Melancholia), ma arrivo tranquillamente ad
affermare che sia un film coraggioso, magnificamente complesso e
sicuramente da vedere.
Foss'anche
solo per il privilegio di poterne discutere.
Perché
pressoché ogni sua scena può condurre a molteplici disquisizioni,
interpretazioni, reazioni.
E
direi che questo è più che abbastanza.
Unico
neo, i paralleli religiosi e satanici.
Forse
non li ho capiti, ma mi sono parsi un po' gratuiti e volti
esclusivamente alla provocazione. A differenza del resto, privi di
effettivo contenuto.
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