AMERICAN
HORROR STORY – FREAK SHOW
Delusione.
La
prima stagione, quella sulla casa infestata, è stata decorosa, ma
noiosilla e non eccezionale.
La
seconda, sul manicomio, strepitosa, strabordante e percorsa dal
terrore.
La
terza, incentrata sulla scuola di magia, o meglio, sulla congrega di
streghe, una vaccatina, a metà tra Harry Potter e gli Avengers, con
qualche tocco splatter e molti tempi morti.
La
quarta... è morbosa, più che altro. Con venature di tristezza e di
dolore, ma senza la poesia di “Freaks” di Tod Browning. Migliore
della precedente, sì, a tratti quasi profonda (quasi), ma mi
aspettavo tornassimo ai fasti della seconda, anche perché il lancio
pubblicitario è stato notevole.
Come
sempre mi è piaciuta la sigla, ho apprezzato il ritorno di Pepper
(di cui apprendiamo la dolorosa e ingiusta storia) e i cenni di
continuity, e non nego ci sia qualche momento riuscito. Quando Elsa
Mars (la nostra Jessicona Lange, che comunque interpreta
sostanzialmente sempre lo stesso personaggio) canta Lana Del Rey fa
venire i brividi.
E,
sì, mi è piaciuto anche il surplus di canzoni.
La
trama, di per sé, concettualmente non è nemmeno male. Mette in
discussione la definizione di “freak”, benché lo sfrutti, gli
riconosce – doverosamente – dignità umana e ne canta la
meraviglia, descrive crudeltà e distorsioni, ma indulge anche su
errori e corruzioni dell'anima, ponendo, sostanzialmente, la domanda
che è naturale porsi (come ne “La bella e la Bestia”, nei vari
Dylan Dog, in “Boxtrolls” e chi più ne ha, più ne citi), ossia:
alla fine, chi è il vero mostro? Il ricco, privilegiato e
fisicamente gradevole Dandy, inguaribilmente psicopatico, o le
attrazioni del Circo di Elsa Mars, con la loro dolente e tragica
umanità?
Non
vengono trascurati neanche altri esempi di diversità, come se
dovesse venirci offerta una carrellata completa: l'omosessualità
(siamo nel 1952) vissuta come deformità dell'anima (ma ne abbiamo
anche concezioni moderne), e le devianze mentali, appunto (talvolta
giusificabili, come nel caso del pagliaccio dei primi quattro
episodi). Di positivo c'è anche il fatto che nessun personaggio è
privo di ombre, ma nemmeno di luci. Tutto è doppio e pronto ad
essere ribaltato. Nessuno è santo, nessuno è completamente malvagio
(apparte Dandy, che per ora è in assoluto il più noioso e
superficiale, ma chissà, non ho ancora visto gli ultimi episodi).
E
allora, che c'è che non va?
Nessun
personaggio mi piace davvero e odio dichiaratamente le due gemelle,
Dot e Beth (ma la verità è che odio l'insulsa e lamentosa Sarah
Paulson), ma soprattutto ci sono troppi inciampi, momenti di stasi,
lentezza e attese ingiustificate, come a voler per forza diluire la
broda.
La
Serie non fa paura, non intrattiene.
E
ci si perde.
Apprezzo
il moltiplicarsi delle tracce narrative, ma a volte si ha
l'impressione che gli sceneggiatori si dimentichino dei pezzi.
Fioccano le disarmonie, le costruzioni raffazzonate. A dispetto del
cast stellare (Paulson esclusa), non c'è nessun
personaggio/situazione che spacchi davvero.
Nemmeno
la vendetta sembra davvero giusta e adeguata.
Speriamo
negli episodi finali... ma dubito possano compiere il miracolo.
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