LA
CITTA' INCANTATA
di Hayao Miyazaki
(2001)
Lungometraggio
animato eccezionale, almeno se lo si vede nell'era ante Cannarsi.
Diversamente le traduzioni irritanti e pregne di umorismo
involontario dell'estimatore del mondo nipponico, vuoi pure più
fedeli all'originale, ci porteranno, purtroppo, fuori strada,
sacrificando parte dell'indiscussa bellezza della pellicola.
Dal
punto di vista estetico, peraltro, siamo all'apice, sia per
cromatismo, che per ricchezza di immagini, disegni e immaginazione.
Le scene pullulano di eventi, in primo piano come sullo sfondo, e, in
generale, si resta paralizzati dall'incanto, non sapendo dove
guardare ed avendo la tentazione di fermare il film di continuo per
non rischiare di perdere nulla, inclusi i riverberi dell'erba, poiché
ogni filo splende singolarmente.
Nemmeno
a livello di trama restiamo delusi: addentrandoci in un romanzo di
formazione in bilico tra fantasy e sentimento, assistiamo alla
maturazione di Chihiro, una ragazzina di dieci anni che, a causa del
comportamento sconsiderato dei genitori, si ritrova a dover lavorare
in un complesso termale per spiriti, rischiando di smarrire la
propria identità...
Se
in principio tutto appare difficile e ostile (eccetto che per Haku,
un personaggio ambiguo e fascinoso che riconoscendo la bambina decide
di esporsi per lei) presto le cose miglioreranno: la piccola imparerà
il mestiere e saprà destreggiarsi e conquistare amici, laddove gli
stessi nemici dimostreranno di avere anche un'altra faccia...
Mentre
noi ci troveremo sempre più avvinti da questo mondo fantastico, dai
suoi personaggi incredibili e dalla sue regole, che per certi versi
potranno apparirci sottilmente inquietanti, ma che per altri ci
indurranno semplicemente a desiderare di essere lì.
Infine,
non mancano il tema ecologico, tanto caro al regista, le critiche al
capitalismo e l'abbozzo sentimentale, ancora implume, e per questo
ancora più tenero e romantico, con i protagonisti innamorati, ma
troppo giovani per sapere di essere qualcosa di più che amici.
La
fine, quella sì, potrebbe apparire un po' amara, un po' incompiuta,
laddove sarebbero bastati solo altri cinque minuti per infonderle un
significare diverso, ma personalmente ritengo vada bene così,
mantenendo l'incanto dell'infanzia, lasciando allo spettatore, se
vuole, l'onere di immaginare una conclusione più soddisfacente in
senso classico della vicenda “amorosa”.
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