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venerdì 30 settembre 2016

Impegnativo, intelligente, accurato

LA FAMIGLIA MOSKAT
di Isaac B. Singer


Che tripudio di vite, di personaggi, di situazioni! Che ricchezza umana!
Questa la bellezza del romanzo, ambientato nella Varsavia tra l'inizio Novecento e la Seconda Guerra Mondiale, che, letteralmente, traspone su carta una numerosissima e vivace famiglia ebrea, con tutti i suoi membri: il patriarca Meshulam Moskat, e i figli, nipoti, cognati, vicini... Con le sue tradizioni, ingenuità, cultura, aspirazioni e credenze... Che fotografa in uno spaccato brulicante e denso di umori, decadenze, amori e frustrazioni, con lo spettro del Nazismo che incombe e si avvicina...
Indubbiamente un capolavoro, impegnativo, intelligente, accurato, ma anche un'opera godibilissima e coinvolgente (specie da che la famiglia perde il suo patriarca e i movimenti divengono più frenetici), descritta con sguardo acuto e minuziosa contezza, ma altrettanta amena semplicità.
Non si corre nemmeno il rischio di smarrirsi con tutti questi nomi, sia perché i personaggi sono magistralmente caratterizzati, sia perché vengono presentati poco alla volta, non sempre con la stessa rilevanza. Alcuni ci colpiranno per simpatia (Abram, in particolare), di altri seguiremo le vicende con partecipazione e scoramento (Hadassah, Adele e quel cialtrone di Asa Heshel), altri si limiteranno ad incuriosirci (Koppel, Masha, Pinnie), ma di sicuro anche loro ci terranno compagnia...
In effetti questo romanzo eccezionale presenta più piani di lettura, più modi per essere approfondito, si presta ad un'analisi storica come ad un approccio corale, così come può essere letto per pura, sana passione narrativa, ma, se devo dire la mia da umile lettrice senza pretese, non posso fare a meno di tracciare un paragone con “La Famiglia Karnowski”, di Singer, ma non di Isaac B., bensì di Israel J. Insomma, non del premio Nobel, ma di suo fratello.
Ebbene, sono entrambi romanzi stupendi, ma capisco come e perché i Moskat abbiano conquistato una “fetta più importante di eternità”. La famiglia Moskat è più variegata, complessa, e ritrae non solo se stessa ma l'intera società ebraica di Varsavia, divenendone l'archetipo. La famiglia Karnowski, invece, si concentra soprattutto (ma non solo) su se stessa e le sue frequentazioni. E' rappresentativa, ma non così tanto.
Però... ecco: del romanzo di Israel amo follemente almeno due protagonisti, che continuerò ad amare per sempre; del romanzo di Isaac ne apprezzo tanti, ma non amo davvero nessuno. Anche tra i beniamini, infatti, scorgo difetti insormontabili che non mi permettono di “perdonarli” o immedesimarmi, e se pure come personaggi sono senz'altro impeccabili, tuttavia un po' li detesto.
Quindi?
Oh, quindi.
Quindi , Nobel o no, i romanzi sono da leggere entrambi.

P.S.
Curiosità: nella versione europea, a quanto pare, manca l'ultimo capitolo... Per recuperarlo bisogna rivolgersi ad Erri De Luca... A proposito, se ne discute altresì ne “Il torto del soldato”...

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