WILLOW
di Ron Howard
(1988)
Fantasy
della mia infanzia, invecchiato non troppo male, grazie soprattutto
alla freschezza dei personaggi e alla circostanza che la trama è,
ehi, di George Lucas!
In
apparenza i canoni solo quelli tipici del genere: la bella
principessa in pericolo, bene contro male, fate, streghe, folletti, e
la storia d’amore di contorno…
Ma
il tutto costellato e ravvivato da amene particolarità: la
principessa è una neonata, l’eroe una canaglia alla Hans Solo, al
posto del principe abbiamo un nanetto con famiglia aspirante stregone
e pieno di buona volontà (Willow, appunto), mentre la storia d’amore
è… burrascosa, ma non nel senso che i due innamorati devono
affrontare svariate peripezie per ricongiungersi. Nel senso che, oh,
be’… che i due innamorati sono le peripezie… Proprio come Hans
e Leila prima che J. J. Abrahms li vituperasse.
Inoltre
non mancano ironia e amabile insolenza, ma soprattutto, si diceva,
un’ottima caratterizzazione dei personaggi (Madmartigan, Willow e
Sarsha in particolare, per tacere di quanto è carina ed espressiva
la bimba, Elora Danan) che, in un modo o nell’altro, riescono
sempre a sottrarsi agli stereotipi del genere divenendo un mondo a
sé, spinosetto e peculiare, sovente in evoluzione (e volendo puoi
anche cambiare campo semantico).
E
quindi è meraviglioso lasciarsi trasportare da questo film per tutti
che, come accadeva nei dorati anni 80, non si limita a intrattenere e
incantare, ma emoziona, ci immerge in scene epiche o terrorizzanti, e
fa morire dal ridere, cambiando sovente registro…
Anche
l’impianto fiabesco, d’altro canto, non è tutto zucchero e
miele, ma anche rozzezza, scorzonera e, magari, un puntino di
irrisione.
Certo,
ormai gli effetti speciali sono datati, ma non dispiacciono e anzi
hanno un tenero tocco retrò… Solo la regia risulta forse un poco
lentina in certi passaggi, e il film nel complesso un pelino troppo
lungo, ma non importa: se l’abbiamo amato una volta continueremo a
farlo, se non l’abbiamo mai visto… allora lo adoreremo!
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