LA
RABBIA E L'ORGOGLIO
di Oriana Fallaci
Un
libro diretto, privo di filtri, che mi ha spiazzata per bellezza
stilistica e forza verbale, e che più che rabbia e orgoglio, a mio
avviso, denota passione bruciante... Che sarà pure fomentata
dall'ira, ma è così pura, vivificante e intensa, che risplende, e
comunque si dimostra capace di soffermarsi altresì su sentimenti
positivi, come solidarietà e coraggio.
Uno
svolgimento più concentrato rispetto a “Niente e così sia” (il
mio solo termine di paragone di recente lettura fra le pubblicazioni
della Fallaci), più organico, e per questo più incisivo.
La
prima parte, soprattutto, mi ha colpita: quella che, volente o
nolente, con tutte le criticità che rappresenta, ti porta non solo a
solidarizzare – com'è inevitabile, giusto e naturale – ma
soprattutto ad ammirare e invidiare il patriottismo americano, specie
se, come me, di patriottismo non ne hai per niente, neppure quando
l'Italia gioca i Mondiali di calcio o partecipa alle Olimpiadi.
Personalmente,
infatti, sono più incline a tenere per un'altra squadra. Magari una
qualsiasi. A prescindere.
Ma
mentre leggo le pagine della Fallaci, prima, crude e incendiate, sul
dolore causato dalla distruzione delle Torri Gemelle, poi,
dolcissime, sulla testimonianza del bambino che saprà sempre
orientarsi a New York, anche se il suo punto di riferimento è stato
distrutto, in quanto gli basterà chiedere a qualcuno, certo che ad
ogni modo verrà aiutato... Ecco, per quanto nel profondo dell'animo
mi sia sempre sentita un'aspirante francese (principalmente per via
dei fumetti), mentre leggo le pagine della Fallaci quasi quasi vorrei
essere americana.
E
si badi, non sto facendo un discorso politico – è più forte di
me, la politica mi annoia a morte, la misconosco e mi sembra solo un
infinito blabla in cui le cose dette non corrispondono alle cose
effettive, e ci sono solo veli di Maya sovrapposti a veli di Maya,
alla Schopenauer elevato a potenza –, ma solo un discorso umano.
Poi
c'è la seconda parte, quella definita profetica, sull'Islam. E qui
mi ha sorpresa la coerenza con cui vengono sviluppate le premesse e
con cui ogni passaggio viene argomentato in modo convincente e
sincero.
C'è
chi ha tacciato questo libro di essere uno sfogo razzista, ma, come
direbbe la stessa Fallaci, come si può essere razzisti verso una
religione?
C'è
chi ha sostenuto che questo libro abbia diffuso odio, ma a me sembra
che il messaggio sia diverso, ossia un invito a chiamare le cose con
il loro nome, senza nascondersi dietro il politically correct per
paura di essere tacciati, a propria volta, di razzismo, sia pure
gratuitamente, avendo il coraggio fino in fondo del proprio pensiero.
Con
tutto che poi, purtroppo, ci sono pure quelli che semplicemente il
pensiero non ce l'hanno, ma, invece di ammetterlo, seguono le mode,
sposandole ciecamente, senza spirito critico, come dogmi, solo per
non sentirsi stupidi o esclusi. O politicamente scorretti.
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