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lunedì 19 settembre 2016

Una bolla in cui rifugiarsi

BILLY
di Whitley Strieber


Godibile e ansiogeno thriller psicologico, molto approfondito, che avrebbe potuto essere davvero atroce, ma che ha scelto di limitarsi all’intrattenimento senza – per fortuna – sfociare nella morbosità malata o anche solo nell’horror vero e proprio.
Il romanzo, infatti, racconta di questo maniaco, Barton (non proprio un pedofilo, ma neanche troppo lontano da esso, patetico quanto astuto) e del bambino (Billy, appunto, un ragazzino dolce e buono, che, tra l’altro ha la passione per Franz Kafka e la scrittura) che costui rapisce e tortura, come numerosi altri ragazzini prima di lui…
Personalmente è il non detto l’elemento che più mi ha indotta a sussultare: ad esempio, sappiamo già che le altre piccole vittime sono state uccise, ma temiamo come e in seguito a che cosa...
Per il resto, lo ripeto, gli eccessi sono contenuti e puramente funzionali alla trama, la quale, dal canto suo, oltre a scorrere abbastanza rapida, è incentrata soprattutto su eccellenti tensioni di ordine psicologico, legate sia all’affanno dei genitori di Billy (parte, questa, che avrei preferito veder scorciare), sia ai progetti e ragionamenti di Barton - uno degli elementi che più mi ha fatto accapponare la pelle è la distorsione tra sue le percezioni e la realtà – sia, naturalmente, alle paure del bambino, che è senz’altro intelligente e ingegnoso, ma altresì sperduto e ingenuo…
Già nelle prime pagine, quando il rapimento non è stato ancora compiuto, cominciamo a tremare, per avviarci presto in un’escalation di suspense che a tratti ci parrà quasi claustrofobica. E tuttavia il sapore ricercato della narrazione ci permetterà di andare avanti rispettandone il ritmo (peraltro veloce), senza essere costretti a sbirciare il finale per sapere se avremo o meno diritto ad un happy end, nel senso che, in un certo qual modo, saremo rassicurati e consolati dallo stile di Strieber, preciso, minuzioso, ma altresì sfumato quando deve esserlo.
L’autore, infatti, oltre a soffermarsi sulle “cose brutte”, alternando i punti di vista riesce a ricostruire una sorta di bolla in cui rifugiarci, e in cui, in qualche modo, seppur per qualche momento appena, potremo trovare scampo alla tragicità della situazione.

Un buon romanzo, dunque, che magari non resterà negli annali, ma che intrattiene senza esitazioni.

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