ORGANIZZAZIONE FILINI
Ho fatto tutti i preoperatori il 30 ottobre, in pieno allarme maltempo, e mi è toccato tornare apposta a Genova il 13 novembre per il colloquio con l'anestesista, durato circa 45 secondi – dopo oltre due ore di attesa (domande principali: chi è lei? Quando la operano e di che cosa?)... Premesso ciò, ho chiesto se, per favore, considerato che vengo da fuori e ho già fatto tutti gli esami prodromici, il giorno dell'operazione sarei potuta venire in ospedale per le otto, anziché per le sette.
Mi han detto di no, tassativo.
Ho spiegato che per me sarebbe cambiato molto: nel primo caso sarei potuta venire con calma la mattina stessa, nel secondo, con 'sta storia del ponte distrutto, non mi sarei arrischiata e mi sarebbe toccato prendere un albergo a Genova e dormire fuori, con la conseguenza che, per giunta, mi sarei bruciata un ulteriore pomeriggio lavorativo.
Mi ha detto che dovevo venire alle sette e punto.
Va bene.
Prenoto l'hotel, mi organizzo il lavoro, MPM, poveretto, si organizza a sua volta per accompagnarmi, e il giorno 16, alle 6.30 spaccate, siamo in ospedale.
L'infermiere mi dice di prendere il numero, che si va in base a quello.
Va be', dico, se non altro ha avuto un senso sottoporci a 'sto calvario. Sarò la prima.
Alle 7.00 cominciano ad arrivare altre pazienti in attesa di ricovero. Prendono il numero. Alle 7.30 ne arrivano altre. Prendono il numero.
Alle 7.40 cominciano a far passare quelle delle 7.00. Capisco che il numero non serve a niente. E poi passano quelle delle 7.30. E poi quelle che sono arrivate alle 8.00.
Alle 8.30 sono rimasta solo io. Mi dicono che ci sarà un po' da aspettare. Che la mia operazione è prevista per ultima. Che ci vorrà un tempo non precisato per farmi passare. Quindi l'ordine non dipende dai numeri, ma da come hanno programmato le operazioni. Quindi sapevano già che io prima di una certa ora non sarei passata e di sicuro non alle sette. Di sicuro manco alle otto.
A questo punto insulto l'infermiere e gli dico che cosa penso di lui e del fatto di avermi fatto venire qui alle sette. A quello non è che venga in mente di scusarsi, piuttosto bofonchia cose prive di senso compiuto con voce arrabbiata, deciso ad avere ragione, ma non si capisce in base a quali presupposti. Io mi infurio ancora di più. MPM mi accarezza la manina per acquietarmi e mi consiglia, con dolce fare mammesco, di farmi prima operare e poi di insultarli. L'infermiere ne approfitta per andarsene. Io mi consolo prendendo il modulo per i reclami.
Alle nove mi danno la stanza e mi dicono di spicciarmi, che sono la prossima e quando arrivano i dottori devo essere pronta.
In effetti impiegano solo due ore e un quarto per venire a chiamarmi.
Immagino che se fossi arrivata in ospedale alle 8.00, come avevo chiesto di poter fare, avrei creato un grande disagio a tutti.
P.S.
Ammetto, però, che dopo l'operazione sono stata un po' cattiva e ingiustamente. Ma non con l'infermiere barbaro, con la povera anestesista (diversa da quella del colloquio).
Appena tornata dalla sala operatoria, mentre ancora non riuscivo nemmeno a parlare, mi è occorsa un'emergenza lavorativa. Quando è arrivata l'anestesista ero in piena crisi. E questa, carina e allegra, sembrava appena uscita dall'uovo di Pasqua. Le ho detto che andava tutto bene in ordine all'anestesia, di non preoccuparsi, ma adesso avevo altro a cui pensare, grazie.
Questa poverina, decisa a farmi perdere tempo e le staffe, ha cinguettato tutta allegra e innocente, con studiato tono new age, che adesso dovevo pensare a me stessa e non al lavoro. Pace e amore per tutti. Fratellanza e libertà. Al che, con estremo incontrollato disprezzo, le ho sibilato un bel: “Gesù, si vede troppo che lei è una dipendente pubblica”. La poveretta ha cambiato faccia, e mi ha chiesto, severa: “Mi sta giudicando?” E io, sempre sibilando: “Ma no. Che cosa vuole che mi importi (grazie al cielo mi sono morsa la lingua prima di aggiungere “della sua miserevole vita”). Il visino della Dottoressa è ritornato a risplendere radioso e lei ha cinguettato altro sulla sua condizione di donna che lavora. Di cui, ovviamente, continuava a non importarmi nulla, visto che io avevo altre questioni da risolvere e manco riuscivo ad articolare decentemente le parole. Allora l'ho ringraziata di nuovo, sperando che la capisse e se ne andasse.
Fortunatamente l'ha fatto.
Ma poi mi sono sentita in colpa per tutta la sera per averla maltrattata. In effetti era gentile e premurosa, poverina. E non ho avuto nemmeno l'occasione di scusarmi. Mi dispiace!!!
P.P.S.
M.P.M. era presente ed è stato maltrattato anche lui.
L'indomani mattina, quando mi ha telefonato per sapere come era andata la nottata, mi ha chiesto: “Sei riuscita a non insultare più nessuno?”
Per la cronaca, a quel punto sono stata un amore fino a che non sono uscita dall'ospedale. Del resto sabato e domenica per me non sono giorni lavorativi.
P.P.P.S.
Quando è arrivata, la mia amica Vi ha preso le mie parti, sostenendo che se ero così inviperita poteva essere un effetto dell'anestesia...
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