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mercoledì 13 agosto 2014

Cavoluti con due ZZ


ESCAPE PLAN – FUGA DALL'INFERNO
di Mikael Halfstrom

(2013)
 
 
E va bene... A metà mi sono addormentata, ma non è stata colpa del film, è che ero stanca muerta. Inoltre mi aspettavo un picchia picchia/spacca spacca ultratamarro e mi sono ritrovata dinnanzi una pellicola che tutto sommato vanta pure una trama non disprezzabile (a parte qualche assurdità che non sta né in cielo né in terra) e un tentativo di approfondimento psicologico nei riguardi dei protagonisti.

Sempre di intrattenimento si tratta, però... ma in stile anni '80.

Invero, Schwarzy e Sly sono in gran forma, meno, rispettivamente, incartapecorito e siliconato che nei film precedenti, e vederli insieme a collaborare è un piacere per i nostalgici fans come me, specie considerato che come squadra funzionano niente male, nonostante ci abbiano fatto aspettare cento anni per darcene prova!

Dopo averci spiegato/mostrato che Stallone interpreta il grande Ray Breslin, esperto di sicurezza nelle carceri, che testa dal vivo le sue teorie spacciandosi per detenuto e le dimostra con un'evasione, il poveretto viene rinchiuso semi-coattivamente nel sistema di detenzione più yeah di tutti (una sorta di nave-prigione ultra tecnologica), senza regole, senza aiuti e senza diritti (sì, va bene, il copione stride un po' a livello di plausibilità).

Qui conosce Schwarzy, di cui diverrà amico e complice nella madre di tutte le fughe, dopo essere stato vessato e torturato oltre i limiti della sopportazione umana, come piace a Sly (nel senso che nella maggior parte dei suoi film si dedica con godimento spazio a questo tipo di scena), ed averci deliziato con il suo super ingegno, le sue super risorse e la sua super resistenza psicofisica. Nonché con i graziosi siparietti con Schwarzy, che sdrammatizza e ci fa ridacchiare.

Il direttore-aguzzino James Caviezel è cattivissimo e sadico, e devo dire che l'attore, con i capelli corti, vanta un certo qual carisma malato, provocando nello spettatore una montante brama di rivalsa, se non di odio puro (di nuovo, un classico dei film di Sly). C'è anche Sam Neill, in una parte piccola, ma determinante per la trama.

Insomma, l'adrenalina non manca, la tensione e i colpi di scena nemmeno, e si aggiungono qualche risata sorniona e una discreta dose di testosterone ben stagionato.

C'è quello finale, magari, di colpo di scena, che per certi versi è sconvolgente e simpatico, per altri senza capo né coda, davvero buttato lì, che conferisce al film un'inaspettata (viste le premesse semi-drammatiche) patina grottesca. Ciò nondimeno risulta godibile, se non abbiamo troppe pretese.

In conclusione, dunque, se pure io avrei preferito qualche corpo a corpo in più e qualche “corsetta” in meno, i nostri eroi degli anni '80 non hanno perso il vecchio smalto e si mantengono cavoluti con due zz e piacevolmente ironici, restando fedeli a se stessi. Senza però strafare o esagerare troppo.

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