ESCAPE
PLAN – FUGA DALL'INFERNO
di Mikael Halfstrom
(2013)
E
va bene... A metà mi sono addormentata, ma non è stata colpa del
film, è che ero stanca muerta. Inoltre mi aspettavo un picchia
picchia/spacca spacca ultratamarro e mi sono ritrovata dinnanzi una
pellicola che tutto sommato vanta pure una trama non disprezzabile (a
parte qualche assurdità che non sta né in cielo né in terra) e un
tentativo di approfondimento psicologico nei riguardi dei
protagonisti.
Sempre
di intrattenimento si tratta, però... ma in stile anni '80.
Invero,
Schwarzy e Sly sono in gran forma, meno, rispettivamente,
incartapecorito e siliconato che nei film precedenti, e vederli
insieme a collaborare è un piacere per i nostalgici fans come me,
specie considerato che come squadra funzionano niente male,
nonostante ci abbiano fatto aspettare cento anni per darcene prova!
Dopo
averci spiegato/mostrato che Stallone interpreta il grande
Ray Breslin, esperto di sicurezza nelle carceri, che testa dal vivo
le sue teorie spacciandosi per detenuto e le dimostra con
un'evasione, il poveretto viene rinchiuso semi-coattivamente nel
sistema di detenzione più yeah di tutti (una sorta di nave-prigione
ultra tecnologica), senza regole, senza aiuti e senza diritti (sì,
va bene, il copione stride un po' a livello di plausibilità).
Qui
conosce Schwarzy, di cui diverrà amico e complice nella madre di
tutte le fughe, dopo essere stato vessato
e torturato oltre i limiti della sopportazione umana, come piace a
Sly (nel senso che nella maggior parte dei suoi film si dedica con
godimento spazio a questo tipo di scena), ed averci deliziato con il
suo super ingegno, le sue super risorse e la sua super resistenza
psicofisica. Nonché con i graziosi siparietti con Schwarzy, che
sdrammatizza e ci fa ridacchiare.
Il
direttore-aguzzino James Caviezel è cattivissimo e sadico, e devo
dire che l'attore, con i capelli corti, vanta un certo qual carisma
malato, provocando nello spettatore una montante brama di rivalsa, se
non di odio puro (di nuovo, un classico dei film di Sly). C'è anche
Sam Neill, in una parte piccola, ma determinante per la trama.
Insomma,
l'adrenalina non manca, la tensione e i colpi di scena nemmeno, e si
aggiungono qualche risata sorniona e una discreta dose di
testosterone ben stagionato.
C'è
quello finale, magari, di colpo di scena, che per certi versi è
sconvolgente e simpatico, per altri senza capo né coda, davvero
buttato lì, che conferisce al film un'inaspettata (viste le premesse
semi-drammatiche) patina grottesca. Ciò nondimeno risulta godibile,
se non abbiamo troppe pretese.
In
conclusione, dunque, se pure io avrei preferito qualche corpo a corpo
in più e qualche “corsetta” in meno, i nostri eroi degli anni
'80 non hanno perso il vecchio smalto e si mantengono cavoluti con
due zz e piacevolmente ironici, restando fedeli a se stessi. Senza
però strafare o esagerare troppo.
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