LA
TORRE NERA
di Stephen King
L'uomo
in nero fuggì nel deserto, il Pistolero lo seguì.
Così inizia l'eptalogia di Roland, con il più bell'incipit della
storia degli incipit! E continua ancora meglio, attraverso sette
libri (e un romanzo, ma da collocarsi a metà, più un
racconto-digressione), con una scrittura magistrale, personaggi
sublimi, e la conclusione più splendida ed efficace di tutta la
produzione kinghiana, che non solo non delude (a dispetto dei dubbi
del Re), ma riempie il lettore di entusiasmo ed esaltazione!
Del
resto, così deve essere, perché la Torre Nera non è solo l'asse
attorno a cui ruotano tutti i mondi possibili, ma anche la saga
attorno alla quale si pongono tutti i romanzi di zio Steve, che, di
riffa o di raffa, ad essa sono collegati. Ne “La Torre Nera”,
ritroviamo, a titolo di esempio: “It”, “Le notti di Salem”,
“L'ombra dello Scorpione”, e poi quei volumi il cui legame è
ancora più forte con il Medio-Mondo, evidente da subito, come
“Insomnia”, “Cuori in Atlantide” o “La casa del buio”...
I
libri sono sette più uno, più un racconto, dicevamo: nel primo,
“L'ultimo cavaliere”, uno dei più belli, a cavallo tra Horror,
Western e Fantasy, brevissimo e conciso (per i canoni di King),
facciamo la conoscenza del nostro eroe, Roland di Gilead, dal passato
doloroso, che ancora lo tormenta, e che è all'inseguimento di
Walter, l'uomo in nero, appunto. Un cattivo tra i peggiori (ma non il
più temibile di tutti), dall'aria pericolosa e ambigua, che in
realtà già conosciamo, se siamo dei fan doc.
A
colpirci sono soprattutto il mondo di Roland, tra il Far West e il
Medioevo, in via di decadenza, l'atmosfera polverosa e i riferimenti
velati a cose che in parte ci restano oscure. Come la Torre, appunto.
O Roland stesso, così enigmatico e serio (mutuato sul Clint Eastwood
dei primi film), straziante e romantico, un duro, ma pieno di
contraddizioni.
Il
secondo volume, invece, “La chiamata dei tre” è un po' noioso e
lento, ma ha il pregio di presentare altri personaggi interessanti,
che aiuteranno Roland a ritrovare un po' della sua umanità, a
restituirgli parte di ciò che ha perduto. Qui ci muoviamo tra vari
mondi, tra quello di Roland e il nostro, in diverse epoche.
Il
successivo, “Terre desolate”, è forse il mio preferito, in cui
cominciamo davvero a comprendere la missione di Roland, ad
appassionarci alla sua missione, ad amarlo illimitatamente e a
respirare il Medio Mondo nella sua pienezza. Del resto anche King
sembra avere le idee più chiare, e ci fornisce coordinate più
precise, più definite, mentre si alternano dialoghi splendidi a
sequenze mitiche, che ci fanno godere fin nel midollo.
Per
anni attendiamo il seguito, torturandoci e inseguendo le briciole che
ci vengono gettate in pasto nelle altre opere di Zio Steve. E un po'
lo odiamo, per quanto ci fa sospirare.
Poi,
grazie al cielo, esce il quarto volume, “La Sfera del buio”, ed è
meraviglioso, con un'incursione nel passato del nostro eroe, nella
sua adolescenza (resa con delicatezza e magia) al fianco di Cutberth
(che mi piace da pazzi) ed Alain, i suoi migliori amici, tra
avventura e magia, crudeltà e terrori, innocenza, e l'amore per
Susan Delgado, la fanciulla alla finestra, il cui nome rincorriamo
sin dal primo volume... Una storia forte e dolorosa, che renderà
Roland quello che è, e che innescherà i meccanismi che sono
all'origine della Saga. In cui il Re Rosso, il padrone cui risponde
l'uomo in nero, ci fa sempre più paura.
A
seguire, tutti di fila, gli ultimi tre tomi: “I lupi del Calla”,
“La canzone di Susannah” e “La Torre Nera”. Si leggono d'un
fiato, a dispetto della mole, e le cose vanno velocissime (forse
persino troppo). Quando finiamo siamo esausti, commossi, e ne
vogliamo ancora, nonostante siamo al termine, sapendo che comunque
non saremo mai sazi. A proposito, curiosità, tra i personaggi
compare lo stesso King, e non in un cameo buttato lì...
Restiamo
all'asciutto per qualche anno (consolandoci nel frattempo con gli
adattamenti Marvel a fumetti, splendidamente illustrati, che, oltre a
riproporre storie già vissute, colmano alcuni buchi narrativi, come
la battaglia di Jericho Hill), poi, Zio Steve ci grazia, e ci regala
“La leggenda del vento”, che, appunto, si colloca circa a metà
saga. Non è niente di eccezionale, ma noi siamo contenti lo stesso,
ci basta rivedere Roland e il suo Ka-tet (Eddie, Jake, Susannah, e il
bimbolo Oy).
Nel
complesso, dicevo, questa è la saga più bella di sempre: per la
mitologia che ne è alla base, per le trovate, per l'impianto
narrativo, percorsa da echi alla Tolkien e da riferimenti
arturiani...
E
poi ci sono alcuni fra i personaggi più belli mai conosciuti (Roland
sopra tutti), che vediamo evolvere e instaurare tra loro legami
sempre più forti... E ancora: descrizioni meravigliose, terrore
totale, immaginazione, simbologia potentissima, epicità senza
precedenti, momenti evocativi, ma anche ironia e divertimento,
godimento puro, esaltazione eroica, colpi di scena Shakespeariani, la
scrittura di King al suo meglio, profonda umanità, visioni da
ucciderti, e un linguaggio creato per esprimere concetti peculiari
che non trovano un corrispondente nella vita comune e che rendono la
realtà narrativa più suggestiva (Ka-tet, Ka, Khef...) e... tante,
tante, tante incommensurabili emozioni.
Dio,
a pensarci mi viene da piangere di gioia e da masturbarmi insieme
(no, arrangiatevi, non mi auto-censuro. Di norma evito espressioni
volgari, ma in questo caso mi sembra il modo migliore per rendere il
mio stato di venerazione).
A
far parte della saga, comunque, c'è pure: “Le piccole sorelle di
Eluria”, pubblicato per la prima volta nella collana “Legends”,
in cui compare il solo Roland e che è un piccolo racconto horror a
tema vampirico.
Tra
le assonanze che si percepiscono nella saga, a parte i già citati
Tolkien (e quindi “Il Signore degli Anelli” – si veda ad
esempio l'occhio del Re Rosso) non posso non citare Thomas S. Eliot e
la bellissima poesia di Robert Browning: “Childe Roland to the Dark
Tower came”...
Misericordia,
non ho detto neanche metà delle cose che dovevo dire, e ho già
sforato di brutto come lunghezza... Concludo, allora, ricordando solo
che i volumi sono meravigliosamente illustrati, e che la copertina de
“La sfera del buio” e niente meno che di Dave McKean!
Lunghi
giorni e piacevoli notti.
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