IL
CACCIATORE DI AQUILONI
di Khaled Hosseini
Non dico che non sia una bella storia.
E'
bella, e mi è piaciuta.
Però
è stata anche tremendamente sopravvalutata, forse perché si tratta
del tipico romanzo ben confezionato, scorrevole e semplice, ma con
velleità di un certo livello e la capacità di assecondarle in
termini di emozioni, che leggono anche le persone da due romanzi
l'anno e che poi, non conoscendo altro, credono di aver trovato la
luna.
Niente
di male in questo, in sé per sé. Ma, per quanto gradevole, di forte
impatto e ben scritto, “Il cacciatore di aquiloni” ha troppi echi
commerciali per poter assurgere al capolavoro. Troppe scelte facili,
scontate, prevedibili, immediate, e persino un po' parac.... ehm, fa
rima con mule... nel senso che sembrano architettate apposta per
suscitare certe reazioni, certi sentimenti (e quindi per vendere),
che non necessitano di filtri o di spiegazioni e che hanno qualcosa
di artificiale e poco autentico, proprio per questo motivo.
Se
si evita di inneggiare al capolavoro, però (perché, mi dispiace, ma
proprio non lo è) l'opera è complessivamente buona, ben costruita,
avvincente, e ha il pregio di portare alla nostra attenzione punti di
vista e periodi storici non troppo inflazionati.
Adoro
la narrazione dell'infanzia dei due bambini, Hassan e Amir, l'amore
incondizionato del primo, la loro amicizia, la crudeltà che implica,
tipica dei bambini, e mi ha sicuramente colpita la ragione atroce per
cui è finita. Il modo in cui tutto ciò si ripercuote sul futuro, e
in cui viene dispiegato a poco a poco, centellinando le domande e le
risposte. Il rapporto tra passato e presente, il rapporto tra padre e
figlio, tra il ricordo della patria e il confronto con la nuova
realtà dell'America.
Ho
apprezzato la bellezza commossa di Kabul e dell'Afghanistan e ancora
di più i riferimenti storici (anche perché da me misconosciuti)
dall'invasione comunista all'orrore dei Talebani, che mi hanno
indotta a documentarmi e fare ricerche (e già questo, in generale,
costituisce un grosso merito).
Come
dicevo, tuttavia, alcune scelte narrative sono troppo semplici,
specie nella terza parte, puntano troppo all'emozione facile e
immediata, caricando eccessivamente sia il dramma che la speranza...
La
prima impressione è di meraviglia abbacinante e di luce, e di
bellezza, ma poi tutto evapora in fretta, lasciando solo strascichi
di memoria e qualche sospiro.
La
verità è che, semplicemente, seppur in una confezione esotica, il
romanzo ci dà quello che vogliamo, non ciò di cui abbiamo bisogno.
E,
infatti, il segreto del suo successo sta essenzialmente in questo.
Però,
ammettiamolo, a volte è bello anche leggere di storie così...
Nessun commento:
Posta un commento