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lunedì 20 aprile 2015

Non un banale racconto d'amore


BELLEZZA
di Kerascoët e Hubert

 
Se ho impiegato tanto a recensirlo è perché il mio fumettivendolo di fiducia ha dovuto riordinarmelo... Benché Kerascoët mi piaccia, infatti, non avevo richiesto “Bellezza” quando avevo esaminato l'Anteprima: la trama mi destava troppe perplessità. Sembrava la solita fiaba trita con la protagonista brutta e sventurata, per giunta con un nome orribile – Baccalà –, che poi ottiene l'avvenenza in dono dalle fate e può finalmente sposare il Principe Azzurro... E chi se ne cale!

Solo che quando ho visto il volume... era così esteticamente perfetto, pur avvolto nel cellophan, che non ho potuto resistere e siamo andati al riordino! Grazie al cielo, perché a livello contenutistico è un'opera ben diversa da quel che paventavo! L'incipit è quello, sì, ma gli sviluppi assai peculiari: la fata che cambia la vita a Baccalà – Mab, guarda un po' – non è per niente buona – a pagina 42, per citare un dettaglio senza fare spoiler, la vediamo mentre si nutre beatamente delle viscere di un uomo morto – e quello che toccherà alla protagonista – che non è né profonda né intelligente, e come eroina positiva lascia molto a desiderare – non è un bel regalo ma una sorta di maledizione, che solo apparentemente la condurrà alla felicità...

Gli uomini, infatti, impazziscono per lei (non bella, in realtà, ma che appare tale) e sono disposti ad uccidere, a tradire, a rovinarsi pur di averla, e, perché no, anche a violentarla.... Le donne sono gelose, invidiose, pronte a deturparla, e, in generale, non agiscono meglio... Insomma, ne vediamo di tutti i colori: Regni distrutti, villaggi devastati, morti, decapitazioni, con qualche delicato accento splatter (più sottinteso che descritto) a dispetto della grazia sognante del disegno...

Ma anche quando pensiamo di aver capito quale direzione prenderà la storia, senza dispiacerci troppo per la sua ferocia e per la sua amara cupezza (anzi...), Baccalà – ora chiamata Bellezza – saprà sorprenderci, imparare dai suoi errori, agirà anziché subire o prestarsi all'inganno, e le prospettive miglioreranno...

Insomma, non un banale racconto d'amore con personaggi tagliati con il coltello, ma una narrazione sul male, se vogliamo, sulle sue accezioni, sulla meschineria degli uomini, delle donne e delle fate, sull'apparenza e sul suo discutibile valore (come, alla fine, ci insegnano Eudes e, dal principio, il dolce Pierre)... Una protagonista miserella, fuori come dentro, che poi trova se stessa, grazie alla figlia, brutta, ma perspicace e acuta.

E non mancano nemmeno altri personaggi interessanti, che, almeno parzialmente, si sottraggono alla regola della malvagità (Claudine, ad esempio, o Pierre), o che, pur non solo per meriti propri, riescono a riscattarsene o a maturare (come Eudes o la stessa Baccalà), e poi questa rappresentazione del Piccolo Popolo, particolare, sofisticata e minuziosa, che ci fa pensare ai dipinti di Bosch, la preziosa bicromia delle pagine, i colpi di scena, la crescita dei personaggi...

Anche se, riflettendo, non di sola malvagità si può parlare, perchè la gamma dei sentimenti/qualità/passioni coinvolti è molto più vasta e più sfaccettata...

Ma ad essere vergognoso è che anche io (ora pronta a puntare il dito), come già ammesso, ho acquistato il volume principalmente perché lo trovavo “bello”, pur diffidando (a torto) dei suoi contenuti...

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