Se ti è piaciuto il mio blog


web

mercoledì 1 aprile 2015

Lo stile da solo non basta

LA SPOSA GIOVANE
di Alessandro Baricco


Prima di comprare questo volumetto mi sono imbattuta in una recensione che ho trovato squisitamente esatta, seppur non riesca a condividerla del tutto. Parafrasandola nel ricordo, suppergiù diceva: “affermerei che Baricco scrive da dio, se il suo odioso autocompiacimento non mi facesse venire i vermi”...
Ebbene, per quanto mi riguarda Baricco scrive davvero da dio.
E, sì, ha l'abitudine di autocompiacersi.
Di indugiare nel virtuosismo sterile senza dire nulla, fermandosi al gesto senza contemplare l'azione.
A volte penso sia questo il suo lato migliore.
A volte lo trovo anche io sinceramente fastidioso, perché, in effetti, finisce per essere discontinuo e persino per annoiare un po'. Dimentica troppo spesso la regola aurea di King (che pure lui, ogni tanto, se ne scorda, ma assai più di rado... uh, a proposito: curiosamente circa a metà romanzo – mi pare – si allude simpaticamente a Shining), quella che recita: “la storia, non colui che la racconta”.
Perché lo stile da solo non basta. Non sempre.
Intendiamoci, la trama de “la sposa giovane” è carina, in alcuni punti bella, con perle sparse che sfolgorano di luce... E' raccontata in modo accattivante, suggestivo, con questi monologhi improvvisi che ti aiutano a mutar prospettiva, e costellata – come sempre – di tocchi surreali, assurdi...
Il punto, però, è che raramente arriva al cuore.
Ci sono alcune brevi stilettate efficaci, però si smarriscono in fretta, fagocitate dalle altre parole meramente ornamentali.
Accade quasi sempre, sì, nei suoi rimanzi, ma di solito non me ne curo.


Alessandro Baricco, visto dal nostro vignettista

In “La sposa giovane”, però, la trama è veramente troppo esile per occupare le pagine che occupa (che, invero, non sono molte, neanche arrivano a 200).
Se il romanzo fosse stato scorciato di, poniamo, sessanta pagine, allora avrei potuto essere più indulgente: Baricco ha tanti difetti, lo so, ma di norma tendo ad ignorarli, a soprassedere, accontentandomi della bellezza delle sue frasi e dei (rari) concetti che esprime (il senso dell'attesa, della morte, il significato delle liturgie dalla famiglia...).
Questa volta, tuttavia, a tratti la lettura inciampa e impiega troppo per ricominciare a scorrere. Non bastano le morbosità o il sesso malato a suscitare interesse. Piuttosto sono elementi che appesantiscono ulteriormente, creando dei mini-shock di nessuna importanza, che subito si archiviano come essenzialmente irrilevanti, se non alla stregua di mezzucci narrativi, e che presto si annullano e nemmeno stupiscono più.
I personaggi sono artificiosi, statici. Decorativi. Senz'anima.
Il giudizio complessivo è comunque positivo, supera la sufficienza, e anzi, ho letto romanzi di Baricco che mi sono piaciuti assai meno, però...
Ecco, sono rimasta lo stesso un po' male.
Forse perché le premesse erano valide, più del solito, e mi sembra siano state sprecate...

Piccola delizia: la copertina è di Tanino Liberatore.

Nessun commento:

Posta un commento