IL
MARE DI LEGNO
di Jonathan Carroll
Sofisticato
ed elegante, con punte di genuino paradosso, nonché uno dei miei
romanzi preferiti in assoluto, che riunisce i pregi dei classici e
quelli del romanzo di intrattenimento perché sì, diverte e
accompagna il lettore con una trama accattivante e armoniosa, che
oscilla tra mystery, surrealtà e terrore, mescolando di tutto sul
piano immaginifico... ma solletica altresì interrogativi
esistenziali che offrono prospettive insolite e panorami ignoti, che
vanno oltre la pagina scritta, sconvolgendo i pensieri e le
sensazioni e coinvolgendo più livelli di lettura per sfociare in una
fine analisi psicologica...
Invero,
non ho capito la fine (che mi è parsa un poco frettolosa), e ci sono
molti nodi che mi sembrano irrisolti: posso interpretare, darmi delle
spiegazioni, ma nessuna mi soddisfa e ognuna mi pare farraginosa...
Non
un'opera perfetta, dunque, e anche lo stile non è eccezionale –
non rilevo mancanze, solo non mi ha colpito per la sua trascendente
bellezza, per quanto sia fluido, onesto e scorrevole (oppure è
eccezionale proprio per questo, per quanto riesca a non essere
invasivo?) – ...dunque, alla luce di ciò, potete immaginare quanto
sia potente e strabiliante la trama?
No,
non potete. Dovete proprio verificarlo di persona: perché non
assomiglia a nulla di scritto ed è un tripudio di immaginazione e
“concettualità filosofica”, che, miracolosamente, riesce a
restare in equilibrio senza crollare e senza contraddirsi.
Del
resto il libro mi ha sedotta da subito, con questo cane a tre gambe –
chiamato Antica Virtute – che muore per poi ricomparire e innescare
una serie di stranezze incongrue... Pare di respirare l'aria di un
sogno, ma uno di quelli fatti da svegli, ricchi di risvolti
inquietanti e significativi, che tuttavia non riesci a decifrare del
tutto perché sono impalpabili, eppure ti rivelano su te stesso –
come individuo e come generico essere vivente – più di quanto non
faccia qualunque verità...
L'atmosfera
è pura suggestione visionaria e il carismatico Frannie McCabe, capo
della polizia di Crane's View, è forse il miglior personaggio di
Carroll...
Ammettiamolo,
però, per quanto ami follemente questo scrittore, “Il mare di
legno” è stato uno dei suoi primi romanzi che ho letto e può
darsi sia per questo che il mio giudizio è così generoso (oltreché
per l'affetto verso il protagonista)... “Mele bianche” è
costruito meglio e tocca questioni a me più care, “Il paese delle
pazze risate” risulta più complesso e più sferzante, tuttavia,
temo, assai acriticamente, che “Il mare di legno” resterà
comunque il mio libro di Carroll prediletto!
Se
pure io l'abbia degustato avulso dal resto della sua produzione (che
ho poi recuperato a posteriori) si tratta del terzo volume della
trilogia di Crane's View (e tante tematiche, come i molti “io di
età diverse” con cui il nostro eroe dovrà confrontarsi,
torneranno anche nelle opere successive) per cui consiglio di leggere
prima i precedenti: “Ciao, Pauline!” e “Il matrimonio dei
fiammiferi”, in cui Frannie compare, ma solo in qualità di
comprimario (e magari sono state proprio queste lacune a determinare
il mio smarrimento nelle ultime pagine)...
Ve
lo prometto, sarà meraviglioso: come se vi faceste di un migliaio di
droghe insieme, senza effetti collaterali e rimanendo lucidi!
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