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lunedì 16 novembre 2015

C’è da soffrire parecchio


INSURGENT
di Veronica Roth
Dove si ampliano gli orizzonti, si conoscono meglio le Fazioni dei Candidi e dei Pacifici, ma anche gli Esclusi, cominciano ad arrivare un po’ di risposte, saltano fuori inaspettati colpi di scena, e si combatte…
In questo secondo capitolo della Saga di Divergent si acuiscono i pregi e si evidenziano i difetti dell’opera.
Cominciamo con i pregi: le emozioni.
Il romanzo sembra mirare soprattutto a questo, a suscitare l’intera gamma emozionale nel cuore del lettore. E devo ammettere che ci riesce: il coinvolgimento è totale, e ci si addolora anche per la perdita di un personaggio incontrato poche pagine prima. Non per solidarietà umana, ma perché l’autrice, pur con pochi tratti, ha saputo caratterizzarlo abbastanza da indurci a volergli bene, a rimpiangerlo, ad accusarne la mancanza. Talento notevole, questo, che, in fondo, permette di perdonare anche il resto.
Certo, c’è da soffrire parecchio, qui. Ma, come nel primo tomo, le “cose grandi” vanno come devono, e alla fine siamo contenti lo stesso.
Ci sono alcune scene molto belle, in effetti.
E anche il ritmo è da dieci e lode: nessuna stasi, nessuna pausa (beh, a parte le atroci menosità amorose, ma di quelle, temo, non si può proprio fare a meno in uno “Young Adult”), il volume, che pure consta di oltre 500 pagine (scritte larghe, okay), si finirà tranquillamente in un pomeriggio, principalmente perché si è consumati dalla brama di sapere, di andare avanti.
L’opera è, inoltre, meno schematica rispetto a “Divergent”, più libera nei suoi sviluppi, che, letteralmente, possono prendere qualunque direzione, e sono pregni di ribaltamenti, tradimenti, inversioni…
Lo stile mantiene intatta la sua freschezza, ma anche la sua forza, e la trama riprende dall’esatto momento in cui si conclude il primo tomo. Qua e là apprezziamo l’ironia dell’autrice, c’è qualche battuta “ben assestata” e in generale ci divertiamo.
Però…
Però la storia diviene poco plausibile, le motivazioni dei personaggi spesso appaiono pretestuose e poco convincenti, e l’impressione è che Veronica Roth parta un po’ per la tangente… Altre soluzioni, invece, ed in particolare quella relativa a ciò che c’è oltre la recinzione, sanno terribilmente di già sentito, tanto che ci viene quasi da sospirare, e anche la spiegazione circa l’odio di Janine verso i Divergenti è un po’ farraginosa, così le vere ragioni che hanno determinato la guerra…
Quindi?
Il mio giudizio nel complesso non è negativo: i pregi ci sono e numerosi. Ma certamente non siamo dinanzi ad un libro immortale.
Resta, però, la curiosità di conoscere il seguito…
Da leggere, quindi.
P.S.
Questa è una domanda che avrei dovuto porre in calce a Divergent, ma meglio tardi che mai: ebbene, nessuno ha notato l’incongruenza del nome di Quattro? Il nome si sceglie all’inizio, non dopo aver terminato l’iniziazione, è Quattro stesso a dirlo a Tris, e a precisare che dopo non si potrà più cambiare! Ergo?

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