INSURGENT
di Veronica Roth
Dove
si ampliano gli orizzonti, si conoscono meglio le Fazioni dei Candidi
e dei Pacifici, ma anche gli Esclusi, cominciano ad arrivare un po’
di risposte, saltano fuori inaspettati colpi di scena, e si combatte…
In
questo secondo capitolo della Saga di Divergent si acuiscono i pregi
e si evidenziano i difetti dell’opera.
Cominciamo
con i pregi: le emozioni.
Il
romanzo sembra mirare soprattutto a questo, a suscitare l’intera
gamma emozionale nel cuore del lettore. E devo ammettere che ci
riesce: il coinvolgimento è totale, e ci si addolora anche per la
perdita di un personaggio incontrato poche pagine prima. Non per
solidarietà umana, ma perché l’autrice, pur con pochi tratti, ha
saputo caratterizzarlo abbastanza da indurci a volergli bene, a
rimpiangerlo, ad accusarne la mancanza. Talento notevole, questo,
che, in fondo, permette di perdonare anche il resto.
Certo,
c’è da soffrire parecchio, qui. Ma, come nel primo tomo, le “cose
grandi” vanno come devono, e alla fine siamo contenti lo stesso.
Ci
sono alcune scene molto belle, in effetti.
E
anche il ritmo è da dieci e lode: nessuna stasi, nessuna pausa (beh,
a parte le atroci menosità amorose, ma di quelle, temo, non si può
proprio fare a meno in uno “Young Adult”), il volume, che pure
consta di oltre 500 pagine (scritte larghe, okay), si finirà
tranquillamente in un pomeriggio, principalmente perché si è
consumati dalla brama di sapere, di andare avanti.
L’opera
è, inoltre, meno schematica rispetto a “Divergent”, più libera
nei suoi sviluppi, che, letteralmente, possono prendere qualunque
direzione, e sono pregni di ribaltamenti, tradimenti, inversioni…
Lo
stile mantiene intatta la sua freschezza, ma anche la sua forza, e la
trama riprende dall’esatto momento in cui si conclude il primo
tomo. Qua e là apprezziamo l’ironia dell’autrice, c’è qualche
battuta “ben assestata” e in generale ci divertiamo.
Però…
Però
la storia diviene poco plausibile, le motivazioni dei personaggi
spesso appaiono pretestuose e poco convincenti, e l’impressione è
che Veronica Roth parta un po’ per la tangente… Altre soluzioni,
invece, ed in particolare quella relativa a ciò che c’è oltre la
recinzione, sanno terribilmente di già sentito, tanto che ci viene
quasi da sospirare, e anche la spiegazione circa l’odio di Janine
verso i Divergenti è un po’ farraginosa, così le vere ragioni che
hanno determinato la guerra…
Quindi?
Il
mio giudizio nel complesso non è negativo: i pregi ci sono e
numerosi. Ma certamente non siamo dinanzi ad un libro immortale.
Resta,
però, la curiosità di conoscere il seguito…
Da
leggere, quindi.
P.S.
Questa
è una domanda che avrei dovuto porre in calce a Divergent, ma meglio
tardi che mai: ebbene, nessuno ha notato l’incongruenza del nome di
Quattro? Il nome si sceglie all’inizio, non dopo aver terminato
l’iniziazione, è Quattro stesso a dirlo a Tris, e a precisare che
dopo non si potrà più cambiare! Ergo?
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