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giovedì 5 novembre 2015

Difficile scollarsene

DIVERGENT
di Veronica Roth


Il capostipite della saga fantascientifica per adolescenti ambientata in un futuro distopico in cui la città di Chicago del futuro è suddivisa in Fazioni: gli Abneganti, votati all’altruismo; i Pacifici, che hanno come obiettivo la pace; gli Eruditi, dediti alla conoscenza; gli Intrepidi, i coraggiosi, sostanzialmente dei soldati; i Candidi, che dicono sempre la verità.
Gli Abneganti governano, ma gli Eruditi vogliono il potere per loro…
La protagonista, Beatrice/Tris, ha sedici anni, è un’Abnegante per nascita, e ora deve scegliere a quale fazione apparterrà la sua vita. C’è un test, una simulazione, che aiuta i candidati a decidere: peccato che quello di Beatrice risulti inconcludente. Lei, infatti, è una Divergente, non ragiona secondo schemi prestabiliti, e questo è un problema, perché può decretarne la morte. Fortunatamente viene aiutata… e opterà per gli Intrepidi.
Ebbene?
Ebbene, il romanzo mi è piaciuto.
Sì, è per ragazzine ed a tratti è un poco scontato, con molti risvolti videoludici, però… però è coinvolgente, appassionante, e in alcuni elementi si discosta dagli stereotipi del genere: Beatrice stessa, ad esempio, non è la tipica bellona depressa, anzi è di aspetto insignificante: bassina, minuta, con il naso troppo lungo e gli occhi troppo grandi…
Anche l’impianto fantascientifico è interessante, al di là dello schematismo iniziale (come si è arrivati alle Fazioni? Che c’era prima? Che c’è oltre la recinzione?) e spero che nel prosieguo verranno approfonditi.
Lo stile dell’autrice è semplice e diretto, la narrazione in prima persona favorisce l’immedesimazione, ma di tanto in tanto compare qualche sfumatura originale, qualche espressione particolarmente secca e felice, che aggiunge valore.
Ma soprattutto è avvincente la trama, che dà spazio all’azione, ma altresì all’introspezione, al sentimento: all’amicizia, alle sue asperità, all’amore, e ai suoi risvolti oscuri, ai legami parentali e alla loro fragilità (la Fazione prima del sangue) o forza… Non è un romanzo unidimensionale, dunque, presenta ribaltamenti, insinua dubbi. Ma ha pure un ottimo ritmo, senza cali di tensione, e più ci si avvicina alla fine, più è difficile scollarsene. Anche perché, persino nei momenti in cui risulta più prevedibile, riesce sempre a tirar fuori qualcosa di nuovo dal cappello, che inevitabilmente attirerà la nostra attenzione.
D’accordo, ricorda un po’ “Hunger Games”, ma le differenze sono maggiori dei punti in comune, e poi… e poi chi se ne cale? “Hunger Games” assomiglia a “Battle Royale”…

L’importante è che “Divergent” sia riuscito a trovare un suo spazio e una sua dimensione!

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