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martedì 24 novembre 2015

Un sorriso triste


IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE
di Michael Winner
(1974)
 
 
Film che da piccola avevo visto e stravisto, con tutti i suoi seguiti (credo, perché li ricordo appena), un sacco di volte, fino a che, dato che il troppo stroppia, mi avevano stufata...

L'ho rivisto da poco – nel frattempo, infatti, la mia memoria si è involuta –, un po' per nostalgia, un po' per il piacere di rispolverare il gusto vintage dei filmacci anni 70, e sono rimasta sconcertata perché, in effetti, è completamente diverso da come lo rammentassi.

Avrei giurato, infatti, che fosse un bel picchiapicchiaspaccaspacca, magari un po più drammatico del solito, ma sostanzialmente una di quelle pellicole catartiche in cui ci si esalta per la vendetta e la violenza e che nulla ti lasciano se non un po' di adrenalina/testosterone.

Invece no.

Invece questo è un film drammatico a tutti gli effetti, in cui la violenza è alla base di una sofferta denuncia sociale e il protagonista, più che un proto-Liam Neeson pronto a far fuori tutti, è un uomo dolente, malato, che nasconde il suo disagio dietro un sorriso triste. L'impressione è che il povero Charles Bronson porti su di sé il peso del mondo, il cui gravame filtra persino dalla sua voce stanca. Praticamente un induttore vivente di istinti suicidi.

Ecco il succo: Charles Bronson, alias Paul Kersey, vive in una New York ultraviolenta, in cui il crimine è ovunque. Lui, tuttavia, conduce una vita piena e felice, fa l'architetto di successo, è benestante, ha una bella moglie che lo adora, e una figlia felicemente sposata. La versione senza infanti della famiglia del Mulino Bianco.

Ovviamente tre balordi (uno di loro è un giovanissimo Jeff Golblum) pensano bene di distruggere tutto, rovinando per sempre l'esistenza di Paul. Gli ammazzano la moglie a botte seguendola a casa e già che ci sono gli stuprano la figlia, che non si riprenderà mai più dal trauma, divenendo una sorta di minus habens.

Queste scene sono lunghe e faticose, nel senso che lo stesso alternarsi delle inquadrature rende il contesto ancor più crudo e malato, assai più disturbante rispetto ad un film di adesso.

Apparentemente Kersey reagisce bene: torna subito al lavoro, conserva i suoi modi pacati e signorili... Ma di notte si trasforma in un vigilante e uccide a sangue freddo tutti i delinquenti che gli capitano a tiro.

Non, però, con godimento, ma con estrema tristezza, scendendo sempre più nel vuoto baratro che ormai è divenuta la sua vita, deprivata da ogni affetto.

Il film è interessante, ma lungi dall'essere esaltante e liberatorio, ti schiaccia fino a nullificarti.

Il finale, apparentemente lieto, ma in realtà senza riscatto, completa il quadro togliendoti anche la speranza.

2 commenti:

  1. Io lo avevo visto da bambino e ora non lo ricordo più bene. Comunque sia mi ricordo che mi erano piaciuti un sacco. Il primo più di tutti ma anche il secondo e il terzo non male ... soprattutto quando il nostro eroe a corto di proiettili spara dentro un edificio e a distanza ravvicinata ad uno dei cattivi di turno con un lanciamissili ...scena epica .... e anche i vari morti che ha seminato qua e là per far pulizia di balordi mi eran davvero piaciuti parecchio. A sti punti visto la tua esperienza non lo riguarderò più così mi conserverò il bel ricordo che ho di questi film da quando ero bambino

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  2. Io ho cominciato a riguardare il secondo, e per ora mi ha un po' scioccata... Sembra quasi un remake, ma la violenza carnale è più insistita, più dettagliata e pure raddoppiata. Probabilmente non ho più lo stomaco... E soprattutto non riesco a focalizzare la mia attenzione sulle scene "divertenti" quanto sui retroscena tragici,,, Ciao, a presto! Grazie del contributo.

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