CHI
PERDE PAGA
di Stephen King
Bah.
Ecco
il mio commento.
Questo
libro non mi è piaciuto, ho faticato a leggerlo e non mi ha dato
niente.
E'
scritto bene, certo, ma l'impostazione è farraginosa e ci sono
veramente troppe spiegazioni superflue ripetute e insistite, che
finiscono con l'esasperare. Inoltre la trama è eccessivamente
diluita, senza grandi innovazioni o novità.
Con
duecento pagine in meno questo avrebbe potuto essere un discreto
romanzetto di intrattenimento, impreziosito da qualche pregio.
Così... è una pizza, impreziosita da qualche pregio.
Perché,
lo ammetto, i pregi ci sono. Solo che da soli non bastano.
E'
il seguito di “Mr. Mercedes”, indi tornano Holly, Jerome e Bill
Hodges, benché in un ruolo secondario, visto che gli autentici
protagonisti sono Pete Saubers e il cattivo Morris Bellamy e
prendiamo le connessioni alla lontana.
Mi
ha fatto piacere rivederli, ma un piacere distratto, disamorato, ben
lontano dall'entusiasmo che si prova a rincontrare personaggi che
davvero hai amato.
C'è
anche lui, Mr Mercedes, alias Brady Hartsfield, ormai ridotto ad un
vegetale, anche se... Clac! Temo che nell'ultimo tomo della trilogia
si sveglierà e questo sarà davvero un escamotage stantio. Tanto per
tirarla alla lunga ancora un po'. Tanto per tirare ancora un po' la
corda.
Comunque,
dicevamo dei pregi...
Ci
sono tematiche interessanti (in particolare riguardo al potere/valore
della scrittura), alcune discussioni letterarie stimolanti
(pocherelle, in realtà), lo stile di Zio Stevie, qualche bella
descrizione, specie inerente alla follia e agli stati d'animo dei
protagonisti, un finale piacevolmente adrenalinico e costruito con
sapienza, mentre il personaggio di Pete, tutto sommato, è carino, e
fa tenerezza il suo rapporto con la sorellina Tina, sebbene, forse,
il più riuscito sia l'orribile Andy della libreria, che, nonostante
fondamentalmente non sia davvero pericoloso – soprattutto rispetto
a Morris – è così viscido da risultare disturbante e... vero.
Il
problema è che non andiamo molto più in là e la maggior parte
degli elementi non è che una variazione di idee già sfruttate dal
Re, non sostenute, soprattutto, da nessuna magia. Perché è proprio
la magia che spesso solleva King oltre la semplice stesura di un
libro, a prescindere, magari, dagli scivoloni verso il finale (si
veda “It”), o dalle eccessive lungaggini iniziali (esempio,
“L'ombra dello scorpione”).
La
verità è che se l'autore riesce a dar corpo alla magia, a quel quid
pluris che ti fa immedesimare nella vicenda e fare dei suoi
personaggi dei tuoi amici, allora gli si può perdonare tutto.
E
sovente King ci riesce,
Qui,
purtroppo, abbiamo solo un esercizio di stile, nemmeno della fattura
migliore.
Amen,
non si può far sempre centro.
Confidiamo
nel futuro.
(E
in titoli migliori).
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