UT
di Paola Barbato e Corrado Roi
Tante
promesse, fondamentalmente robaccia.
Peccato.
Ci
sono suggestioni, qualche bello spunto fiabesco (per quanto assai
poco originale), un'ambientazione interessante, gli insetti, i
disegni di Corrado Roi, ma... Non si va da nessuna parte. Il fumetto
è fatto di inconsistenze, a tratti risulta confuso e poco
comprensibile, ripetitivo, noioso... E le tavole, per quanto di per
sé affascinanti, non aiutano a orientarsi nel garbuglio narrativo...
Non
mi aspettavo granché da parte di Paola Barbato, che come autrice di
Dylan Dog ha già dimostrato di essere pedante, verbosa e troppo
spesso orrendamente stucchevole, ma speravo che con un personaggio
diverso si destreggiasse meglio, o almeno che Roi le permettesse di
elevarsi oltre, ma niente...
Non
che questo sia il peggior prodotto Bonelli.
Non
lo è, ed è dotato – per essere un Bonelli – di una sua
personale straordinarietà.
Ma
è stato tanto decantato che mi aspettavo qualcosa, per una volta.
Invece, al di là dei nomi ricercati e dell'estetica accurata, ci
ritroviamo dinnanzi i soliti protagonisti stereotipati, facilmente
riducibili ad una scheda di informazioni, piatti e senz'anima. Per
quanto si affannino per tentare di convincerci che ne possiedono una.
Peccato,
dicevo.
Perchè
le idee alla base – di Roi, non della Barbato – sono buone e
l'ambientazione e l'atmosfera degne di interesse (apprezzo la
reiterpretazione del mondo in chiave post-apocalittica, e anche gli
esseri cresciutelli alla “Nine”, così come la faccenda degli
insetti, dei cloni e del cannibalismo, nonché le molte citazioni –
anche se a volte sanno un po' di plagio). Ma oltre non c'è nulla, e
la storia non decolla mai, anzi, barcolla. Siamo sempre lì, a
inseguire e sospirare, aspettando i Tartari... o almeno che capiti
qualcosa. Che accade, sì, in fondo accade... ma senza nemmeno
indurci a levare lo sguardo. Perché quando iniziamo un numero nuovo,
l'unica cosa di cui ci importa è finirlo in fretta, per passare a
qualcos'altro.
La
violenza e la crudeltà, semplicemente buttate lì, tra una pagina e
l'altra, infatti, al massimo ci fanno sbadigliare. I dialoghi sono
improntati alla banalità. I sentimenti e le sensazioni restano sulla
superficie. Le trame e i personaggi sono privi di spessore.
L'impegno
c'è, l'arte pure. Manca il talento letterario.
Almeno
per ora.
Ma
siamo a quattro albi su sei...
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