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giovedì 21 luglio 2016

Privo di spessore

UT
di Paola Barbato e Corrado Roi


Tante promesse, fondamentalmente robaccia.
Peccato.
Ci sono suggestioni, qualche bello spunto fiabesco (per quanto assai poco originale), un'ambientazione interessante, gli insetti, i disegni di Corrado Roi, ma... Non si va da nessuna parte. Il fumetto è fatto di inconsistenze, a tratti risulta confuso e poco comprensibile, ripetitivo, noioso... E le tavole, per quanto di per sé affascinanti, non aiutano a orientarsi nel garbuglio narrativo...
Non mi aspettavo granché da parte di Paola Barbato, che come autrice di Dylan Dog ha già dimostrato di essere pedante, verbosa e troppo spesso orrendamente stucchevole, ma speravo che con un personaggio diverso si destreggiasse meglio, o almeno che Roi le permettesse di elevarsi oltre, ma niente...
Non che questo sia il peggior prodotto Bonelli.
Non lo è, ed è dotato – per essere un Bonelli – di una sua personale straordinarietà.
Ma è stato tanto decantato che mi aspettavo qualcosa, per una volta. Invece, al di là dei nomi ricercati e dell'estetica accurata, ci ritroviamo dinnanzi i soliti protagonisti stereotipati, facilmente riducibili ad una scheda di informazioni, piatti e senz'anima. Per quanto si affannino per tentare di convincerci che ne possiedono una.
Peccato, dicevo.
Perchè le idee alla base – di Roi, non della Barbato – sono buone e l'ambientazione e l'atmosfera degne di interesse (apprezzo la reiterpretazione del mondo in chiave post-apocalittica, e anche gli esseri cresciutelli alla “Nine”, così come la faccenda degli insetti, dei cloni e del cannibalismo, nonché le molte citazioni – anche se a volte sanno un po' di plagio). Ma oltre non c'è nulla, e la storia non decolla mai, anzi, barcolla. Siamo sempre lì, a inseguire e sospirare, aspettando i Tartari... o almeno che capiti qualcosa. Che accade, sì, in fondo accade... ma senza nemmeno indurci a levare lo sguardo. Perché quando iniziamo un numero nuovo, l'unica cosa di cui ci importa è finirlo in fretta, per passare a qualcos'altro.
La violenza e la crudeltà, semplicemente buttate lì, tra una pagina e l'altra, infatti, al massimo ci fanno sbadigliare. I dialoghi sono improntati alla banalità. I sentimenti e le sensazioni restano sulla superficie. Le trame e i personaggi sono privi di spessore.
L'impegno c'è, l'arte pure. Manca il talento letterario.
Almeno per ora.

Ma siamo a quattro albi su sei...

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