IL
GIORNO DELLA CIVETTA
di Leonardo Sciascia
Non
so che farci, proprio non mi piace.
Lo
so. È un classico, un capolavoro, non privo di una certa coloritura
e connotato da un’enorme importanza sociale, significativo,
illuminante, dai molteplici risvolti… ma io non lo digerisco.
Un
po’ è l’argomento che non mi prende, la Mafia, l’omertà,
etc., un po’ il genere, i gialli/polizieschi non mi attizzano
proprio, un po’ lo stile dell’autore: frasi troppo lunghe,
involute, spezzate, in cui mi perdo e soprattutto perdo interesse.
Nemmeno
i personaggi mi appassionano.
Che
devo farci?
La
prima volta l’ho letto in terza Media. Mi ha annoiata a morte, e a
tratti il mio cervello si è scollegato, così che non ho compreso
appieno tutti i passaggi.
Qualche
anno fa ho deciso di concedergli una seconda possibilità, convinta
che la colpa fosse mia, che alle Medie non fossi stata nella giusta
disposizione d’animo o fossi troppo giovane (anche se il romanzo è
brevissimo, e l’avevamo letto tutti in classe, come libro di
narrativa ufficiale, senza contare che a molti era piaciuto),
immatura, piena di pregiudizi…
Purtroppo,
però, non è cambiato niente.
Ho
faticato ad arrivare alla fine.
Certo,
ogni tanto sono incappata in un brano apprezzabile o in una frase che
mi ha colpito, in una bella riflessione, in una descrizione
sfolgorante, e ho apprezzato la fine, dolente e ineluttabile…
Ma
poi?
La
trama mi è evaporata in testa, mi è rimasta solo qualche eco vacua.
Aspetterò
un’altra decina di anni e poi sarà la volta della terza
possibilità.
Ma
sono scettica.
E
non credo ne concederò una quarta, nonostante sia una zuccona
testarda...
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