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mercoledì 27 luglio 2016

Una versione baby degli X-Men

LA CASA PER BAMBINI SPECIALI DI MISS PEREGRINE
di Ransom Riggs


Un romanzo con molti pregi, ma altrettanti difetti. Che ha il neo, soprattutto, di sembrar essere costruito attorno alle fotografie d’epoca, anziché di utilizzarle per abbellire il testo, e che, quindi, indulge in troppi momenti pretestuosi e gratuiti, invertendo quelle che dovrebbero essere le sue priorità (anzi le priorità di ogni romanzo che si rispetti).
Ma cominciamo dal principio.
L’aspetto del volume è eccezionale: suggestiva la copertina, eccelso l’effetto vintage, le pagine antichizzate, e ancora di più le foto d’epoca, che tuttavia trasmettono altresì (a me, almeno) un acuto senso di disagio, di morbosità artefatta e malata.
Pure lo spunto di base è notevole, con delle belle ambientazioni, e dei protagonisti affascinanti, nonostante gli eccessivi stereotipi di base (Enoch, il creatore di Homunculi, è stato l’unico a scuotermi un po’. Per via del suo insolito potere, ma anche per il brutto carattere).
C’è molto lirismo e molta dolcezza fra le pagine e lo stratagemma degli anelli temporali è fantastico!
Tuttavia talvolta i passaggi risultano troppo semplici, i colpi di scena prevedibili, i personaggi ovvi nelle loro determinazioni e sviluppi. Ma pazienza, è bello lasciarsi trasportare dalla corrente. E pazienza se i piccoli protagonisti sembrano una versione baby degli X-Men: sono carini, in alcuni casi persino simpatici, sebbene ci sia sempre un’atmosfera di desolazione in agguato, che comunque contribuisce alla bellezza della narrazione.
I cattivi, inoltre, o meglio le loro origini, sono già sentite, ma stuzzicanti.
No, la pecca maggiore, l’unica veramente grave, è data dalla carenza di ritmo.
La trama incuriosisce, ha una sua delicatezza, un suo lirismo di fondo, benché l’incanto dell’infanzia – che dovrebbe essere ai massimi gradi – si percepisce appena, e in modo tiepido.
Il problema è che la prosa dopo un po’ si affossa da sola, stagna, stanca.
Come se gli eventi si succedessero l’uno all’altro per inerzia, senza che siano stati calibrati in modo efficace, ma semplicemente vomitati sulla carta.
Statici, anche quando rappresentano il movimento.
Il punto è che l’autore non trasmette emozioni, te le racconta, ma senza mostrarle, riporta gli accadimenti e basta. Non ci tocca davvero. Ed abusa delle descrizioni.
E’ un vero peccato.

Ma giacché l’opera ha altre caratteristiche meritevoli, non mi lascerò scoraggiare ed andrò avanti con gli altri capitoli di questa trilogia…

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