LA
CASA PER BAMBINI SPECIALI DI MISS PEREGRINE
di Ransom Riggs
Un
romanzo con molti pregi, ma altrettanti difetti. Che ha il neo,
soprattutto, di sembrar essere costruito attorno alle fotografie
d’epoca, anziché di utilizzarle per abbellire il testo, e che,
quindi, indulge in troppi momenti pretestuosi e gratuiti, invertendo
quelle che dovrebbero essere le sue priorità (anzi le priorità di
ogni romanzo che si rispetti).
Ma
cominciamo dal principio.
L’aspetto
del volume è eccezionale: suggestiva la copertina, eccelso l’effetto
vintage, le pagine antichizzate, e ancora di più le foto d’epoca,
che tuttavia trasmettono altresì (a me, almeno) un acuto senso di
disagio, di morbosità artefatta e malata.
Pure
lo spunto di base è notevole, con delle belle ambientazioni, e dei
protagonisti affascinanti, nonostante gli eccessivi stereotipi di
base (Enoch, il creatore di Homunculi, è stato l’unico a scuotermi
un po’. Per via del suo insolito potere, ma anche per il brutto
carattere).
C’è
molto lirismo e molta dolcezza fra le pagine e lo stratagemma degli
anelli temporali è fantastico!
Tuttavia
talvolta i passaggi risultano troppo semplici, i colpi di scena
prevedibili, i personaggi ovvi nelle loro determinazioni e sviluppi.
Ma pazienza, è bello lasciarsi trasportare dalla corrente. E
pazienza se i piccoli protagonisti sembrano una versione baby degli
X-Men: sono carini, in alcuni casi persino simpatici, sebbene ci sia
sempre un’atmosfera di desolazione in agguato, che comunque
contribuisce alla bellezza della narrazione.
I
cattivi, inoltre, o meglio le loro origini, sono già sentite, ma
stuzzicanti.
No,
la pecca maggiore, l’unica veramente grave, è data dalla carenza
di ritmo.
La
trama incuriosisce, ha una sua delicatezza, un suo lirismo di fondo,
benché l’incanto dell’infanzia – che dovrebbe essere ai
massimi gradi – si percepisce appena, e in modo tiepido.
Il
problema è che la prosa dopo un po’ si affossa da sola, stagna,
stanca.
Come
se gli eventi si succedessero l’uno all’altro per inerzia, senza
che siano stati calibrati in modo efficace, ma semplicemente vomitati
sulla carta.
Statici,
anche quando rappresentano il movimento.
Il
punto è che l’autore non trasmette emozioni, te le racconta, ma
senza mostrarle, riporta gli accadimenti e basta. Non ci tocca
davvero. Ed abusa delle descrizioni.
E’
un vero peccato.
Ma
giacché l’opera ha altre caratteristiche meritevoli, non mi
lascerò scoraggiare ed andrò avanti con gli altri capitoli di
questa trilogia…
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