L'UOMO
CHE GUARDA
di Alberto Moravia
D'accordo,
non è il Moravia potente e fulminante di “Agostino”, “Gli
indifferenti” o “La Ciociara”, però è piacevole da leggere,
e, pur aumentando il livello di pruderie, non si riduce al mero
intrattenimento fine a se stesso.
All'accusa
di pornografia, dunque, io rispondo di no.
Il
romanzo è infatti ricco di rimandi colti, di specchi nello specchio,
di corrispondenze e sdoppiamenti. E, al di là del tema della
scopofilia, peraltro risolto in modo peculiare e tutto sommato
abbastanza elegante, oltreché analizzato nelle sue premesse, l'opera
vive di una dimensione intellettuale, in cui il sesso è più
occasione che fulcro, decostruendo e ricostruendo le esperienze –
incluse quelle che dovrebbero essere tattili o sentimentali – non
solo attraverso la vista, ma sopprattutto all'elaborazione della
mente, filtrata dalle sovrastrutture e dai riferimenti culturali.
E
tutto viene spiegato per filo e per segno, prendendoci per mano, con
una prosa essenziale, calda e un po' sorniona, in certi passaggi
quasi condiscendente, verso di noi e verso se stessi. Eppure, anche
così, le conclusioni non risultano immediate, ma abbisognano di
riflessione e di essere metabolizzate, discusse, definite.
E
benché il tema sia un po' malsano, condito con adulterio ed incesto,
riesce a non crearci disagio, ma piuttosto curiosità. Per i
meccanismi psicologici innescati, ma anche per il modo in cui li
decodifichiamo, per come ci vengono proposti, in un'escalation
assurda, ma al contempo logica e giustificata sul piano narrativo.
E
se l'approccio è in principio lento e misurato, presto ci sembrerà
di precipitare, di perdere i limiti e le connessioni.
Ma
in un certo senso di ritrovarli.
Ha
il sapore di un'avventura erotica alla Crepax e, contestualmente, di
una seduta psicanalitica.
Da
riscoprire.
Nessun commento:
Posta un commento