IL
POTERE E LA GLORIA
di Graham Greene
Davvero
bella e profonda la tematica alla base di questo classico senza
tempo!
Si
parla di un prete in fuga.
Non
un prete cattivo, ma, ecco, forse troppo umano… Non tanto perché è
terrorizzato, e nemmeno perché si ubriaca o ha una figlia da una
popolana, ma piuttosto perché ha preso i voti per i motivi sbagliati
e soprattutto non si fa scrupolo di mettere in pericolo delle
famiglie pur di fuggire, lasciando che i fedeli si sacrifichino per
lui. Che crepino per lui, o vengano presi in ostaggio.
E
ha dei rimorsi, tantissimi. E’ un uomo tormentato, in cerca di
redenzione, che quasi vorrebbe morire, pur di espiare, avendo la
consapevolezza di essere, in fondo, un impostore e un debole.
Eppure,
la volontà di sopravvivenza ha sempre la meglio, e gli errori, i
peccati, si sommano ad altri peccati. Col nostro biasimo e la nostra
compassione.
Finché…
Finché
la logica vorrebbe che lo facesse, che scappasse.
Ed
anche noi saremmo pronti a sostenerlo, a perdonarlo.
Ed
è a quel punto che lui ci stupisce, assestando al libro quel colpo
di coda che gli infonde un significato superiore e lo conduce
nell’alveo dell’immortalità.
Il
romanzo diviene così quasi una parabola.
Una
di quelle laiche, magari, spietate, senza santi e uomini probi. Ma
per questo ancora più preziose, universali, stratificate, che ti
fanno venir voglia di credere negli altri e in te stesso, giacché
non ti condannano, ma ti offrono la speranza, scevra di ogni insipido
moralismo e capace di mostrarti la grandezza di Dio e della Fede, a
prescindere dal tuo orientamento religioso.
Il
libro è breve, arsurato, non lineare, fatto di afa e sporcizia, di
dicotomie. E della bellezza lucida e incisiva della prosa.
Che
non è scarna, ma in equilibrio perfetto tra il dettagliato e
l’asciutto, tra il soggettivo e l’oggettivo.
Siamo
nel 1940, in Messico, ove si svolge una capillare epurazione
anticattolica. Ove i sacerdoti o fuggono, o si convertono, o vengono
fucilati.
Noi
seguiamo le peripezie del protagonista, l’ultimo prete rimasto, e
sovente ne condividiamo il punto di vista. Amiamo i personaggi che
incontra, e, sia pur delineati con poche pennellate, ci resteranno a
lungo impressi nella loro umanità dolente e variegata, colma di
spessori. Nella loro fede commovente, unico rimedio per la misera
condizione terrena, o nei loro rimorsi o propositi illusori.
Amiamo
lui, il sacerdote, che pur disprezziamo.
Ci
rammarichiamo per l’umanità e ci rifugiamo in essa.
E
forse troviamo anche noi la salvezza.
O,
almeno, la speranza.
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