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sabato 27 agosto 2016

Germogli di autentica bellezza

IL RACCONTO DEI RACCONTI
di Matteo Garrone
(2015)


Non sono sicura che il film mi sia piaciuto, ma senza dubbio l'ho trovato interessante.
Ha molti pregi: l'atmosfera che ti seduce da subito avviluppandoti in un mondo fatato, fortemente simbolico, ma non esente dal male e dalla crudeltà, che sovente sorprende e che di certo caratterizza l'opera imprimendole una sua originale personalità; la morale di fondo, che denuncia l'amore quando si distorce divenendo ossessione, e che di norma proprio amore non è; la fotografia curata, l'attenzione cromatica, la potenza delle immagini; le inclinazioni splatter e spietate che danno colore alla trama, con variazioni grottesche e carnacialesche, che tuttavia si mantengono in armonia tra loro, senza esagerare; le tre storie che si intrecciano, scambiandosi corrispondenze e significati, diversi particolari succulenti e il cast... Il tema stesso, la fiaba, mi è congeniale, e in particolare la circostanza che si tratti di un adattamento de “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, che non ho letto per intero, ma che avevo studiato con gioia al Liceo.
I difetti, invece, si riducono a uno: la prolissità. Il film è troppo lungo, ma soprattutto è il ritmo che in molti punti finisce per stagnare... E che talvolta mi ha indotta, se non a sonnecchiare, a ridurre l'attenzione. Ci si perde, infatti, e se non si arriva a confondersi è solo perché fondamentalmente i passaggi sono semplici, per quanto non sempre prevedibili e mai banali.
A differenza del MPM, ad ogni modo, non ne ho patito la visione, ma se in principio ero carica di meraviglia, entusiasta e con l'acquolina in bocca, presto il mio sentimento si è ridimensionato, e sono arrivata a giudicare la pellicola come complessivamente buona, ma non eccezionale, e ciò a dispetto degli svariati elementi di eccezionalità.

Me ne rammarico perché ci sono diversi germogli di autentica bellezza, che tuttavia, affiancati nella composizione generale, vengono inglobati dalle ambizioni dell'opera, che sì, è grandiosa, ma sarebbe risultata più incisiva rinunciando a qualche descrizione.

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