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martedì 14 febbraio 2017

L'assurdo della violenza

CALIGOLA
di Albert Camus


Ci sono tre versioni di quest'opera teatrale, molto diverse fra loro, e a leggere l'introduzione e l'appendice dell'edizione Bompiani in cui ne vengono evidenziate le differenze (personaggi nuovi o con un risalto diverso, ma pure varianti importanti in ordine al sottotesto) viene voglia di approfondirle tutte quante.
Quella che ho letto io è la seconda, con in più, rispetto alla precedente, il personaggio di Elicone, amico e alter ego di Caligola, il folle imperatore romano succeduto a Tiberio. Inoltre c'è un rafforzamento della figura di Cherea, che da comprimario da sfondo diviene affascinante antagonista.
Lo stile è quello di Camus: asciutto, scabro, ma pregno di significato, che va al di là della vicenda in sé, assurgendo a metafora. E, ovviamente, sottolineandone l'assurdo, e in particolare l'assurdo della violenza, nata come reazione al rifiuto della realtà, e poi sempre più incontenibile fino a che non fagocita se stessa.  
I dialoghi sono vivi, lirici e terrificanti, sanno di azione anziché di parola, e sottolineano la pazzia e l'imprevedibilità del più truce e sanguinario dei Cesari, che, come ci viene illustrato da Franco Cuomo, rappresenta “la lotta tra la presa di coscienza da parte dell'individuo e l'incapacità di ribellarsi al tiranno di una classe politica e intellettuale che ha perso la propria identità culturale”. Da molti accostato a Hitler.
Ad ogni modo, volendo restare sul piano del mero godimento da lettore, senza indulgere su riflessioni di critica letteraria (che comunque vengono guidati e facilitati dagli apparati sopra menzionati), l'opera è piacevolissima da leggere, fulminante e cruda, apparentemente semplice, immediata, ma con picchi di luminosa bellezza, di pensieri titanici e di lucida angoscia.   
Dopo “Lo Straniero” e “La Peste”, ne sentivo ineluttabile la necessità.

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