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giovedì 9 febbraio 2017

Un sette più

LA TERRA DEI FIGLI
di Gipi


Da questo fumetto mi aspettavo di più. Forse troppo di più, perché ne avevo sentito parlare davvero bene.
Di positivo ci sono l’ambientazione (specie se, come me, si adora il genere post apocalittico), il bianco e nero, la fluidità del linguaggio, non necessariamente basato sulle parole, e il connubio di ingenuità/crudeltà dei protagonisti e della situazione che vivono (per certi versi mi hanno fatto pensare ad Agota Kristof, un’autrice che ormai considero fondamentale, e in particolare al suo “Il grande quaderno”).
Mi piacciono anche i disegni, per quanto sembrino appena sbozzati, e l’atmosfera.
Apprezzo il non sapere che cosa accadrà nella pagina successiva, mentre la circostanza che una trama vera e propria non ci sia non mi disturba, anzi, lo squarcio sulla vita dei protagonisti, i figli del titolo (laddove quasi tutti, invece di allevarli, i bambini li hanno soppressi), mi ha sedotta parecchio con la sua linearità, così a metà tra un’indagine ipotetica del mondo futuro e un romanzo di formazione. 
Inoltre amo la perenne sensazione di non detto, di sottinteso, che permea ogni tavola e lascia presagire più di quanto mostra. Così come mi ha conquistata la frase-incipit (“Sulle cause e i motivi che portarono alla fine si sarebbero potuti scrivere interi capitoli nei libri di storia. Ma dopo la fine nessun libro venne scritto più”) e il non ricevere spiegazioni su come il mondo sia finito.
Mondo finito, che, nonostante tutto, è interessante, sa di Italia, ed è denso di sorprese, per quanto non ci sia mai nulla di veramente nuovo.
Però…
Ecco, non è che questa sia una recensione negativa.
Il fumetto è bello, migliore di tanti letti negli ultimi tempi.
Solo, l’ho detto, le mie aspettative erano alte.
E mancano veri elementi di originalità o di genio. Non c’è un’indicibile purezza del linguaggio (inteso in senso ampio), neanche a considerarne le sue componenti singolarmente. Né tanto meno la lettura mi suscita vere e proprie emozioni, tutt’al più una diffusa curiosità, desolazione e malessere. Che è tanto, ma non l’apice.
I protagonisti, poi, sono insopportabili. Pazienza, non è una gran pecca, questa. E forse è voluto: come ci viene spiegato, devono essere cattivi per adattarsi ad un mondo cattivo.
Tuttavia… ecco, non sono cattivi in modo profondamente affascinante.
L’opera è pregevole, ma… assegnargli un dieci? Indicarlo come fumetto migliore del 2016?
No.
E’ un buon fumetto, sono contenta di averlo comprato e mi ha fatto venir voglia di leggere altro di Gipi, ma se proprio bisogna attribuirgli un voto, io sarei più orientata per un sette più.
Ma chissà, forse se me lo avessero proposto come “da sette più” ora mi starei sperticando in lodi.

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