SEX EDUCATION
È quello che, per motivi diversi, non sono riusciti ad essere “Tredici”, “Glee” e “Riverdale”: una serie TV convincente sui teenagers, che supera ogni paturnia e ogni tabù e riesce a raccontare con genuinità, leggerezza e tanto divertimento – ma nessuna superficialità a dispetto del tono sopra le righe – delle insicurezze, amicizie e amori, tipiche di quell'età, del bisogno di aprirsi e comunicare (anche per gli adulti), e di come sia difficile e naturale allo stesso tempo essere se stessi.
Spesso si ride, ma a volte gli accenti divengono elegiaci. In più la colonna sonora è eccezionale, e così la banda della scuola (e il suo direttore d'orchestra).
L'andamento della trama è regolare, ma non schematico, talvolta imprevedibile, tal'altra più classico, ma sempre ben calibrato (la scena di rivendicazione della vagina è persino commovente). E ben presto – direi sin dalla seconda puntata – si va al di là del gusto di scandalizzare e si toccano corde profonde, ma con simpatia, schiettezza, allegramente, procedendo per contrasti, senza sbrodolate retoriche o pateticamente strappalacrime. I cattivi ci sono, e restano tali, nonostante i momenti di vulnerabilità. E si alternano esclusioni e accettazioni, ma mai in modo pretestuoso.
La verità è che la serie va al nocciolo. E' onesta e scalcia. E sottolinea, nel bene e nel male, le difficoltà della gioventù, attraverso il sesso, sì, ma pure attraverso mille varie sfaccettature. Senza stucchevolezza, senza deprimere o adottare accenti artificiali e costruiti. Nemmeno i personaggi sono leccati (e forse sono i peggio vestiti di sempre), mentre i comprimari, anche quelli più di contorno, sono divini. E in più... in più c'è Gillian Anderson.
Su Netflix, solo otto episodi.
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