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mercoledì 23 settembre 2015

Davvero aberrante


LE CRONACHE DI NARNIA
di C. S. Lewis
 
 
Ossia sette romanzi per infanti, a base di immaginazione, magia e creature fantastiche, tutti più o meno collegati, con protagonisti bambini – suppergiù imparentati fra loro –, mentre le vicende sono ambientate nel meraviglioso Reame di Narnia...

Sinceramente li ho trovati molto faticosi da leggere (e da digerire).

E’ vero, sono fuori età, ma se fossi stata piccola dubito li avrei apprezzati di più.

Il primo romanzo del ciclo (di cui peraltro “Il nipote del mago” è un prequel), “Il Leone, la strega e l’armadio” non è brutto, e presenta alcuni elementi molto suggestivi (anche se, se devo essere proprio onesta, mi hanno vagamente impressionata tutti i riferimenti alla religione cristiana: per certi versi sono geniali e stuzzicanti, ma al contempo ci vedo qualcosa di profondamente sbagliato, più che altro perché mi sanno di propaganda nemmeno troppo occulta).

Il problema, per quanto mi riguarda, è l’eccessivo paternalismo: la circostanza che l’autore cerchi in tutti i modi di farci la morale, insistendo e ribadendo, per giunta, molti concetti. E poi, sì, c’è una certa indulgenza verso il patetismo, che da sempre giudico disturbante, e il melodramma... per tacere dell'immonda propensione alla zuccherosità…

I seguiti sono persino peggiori: gli elementi fantastici (spesso scopiazzati dalla mitologia – ma nulla quaestio in merito) non sono nemmeno sgradevoli: il punto, però, è che non risultano sufficienti a supportare la tendenza alla ripetitività e soprattutto la tremenda abitudine dell’autore a volerci inculcare a tutti i costi il suo punto di vista.

Le trame non brillano per originalità, né per costruzione, né per “visionarietà” o immaginazione: sono prevedibili, ovvie, terribilmente lineari (anche se, bisogna ammettere, Lewis è stato uno dei precursori di storie fantasy a base di animali parlanti e commistioni mitologiche)… Si tratta di romanzi per bambini, d’accordo, ma io ho sempre letto letteratura per l’infanzia in età adulta, e sono parecchi gli autori che non incorrono in questi limiti.

Poi – come peraltro ironicamente sottolineato da Neil Gaiman nel suo racconto “Il problema di Susan” – non si capisce perché la maggiore tra le sorelle Pevensie ad un certo punto diventi cattiva. Così, dal nulla. Perché si interessa di faccende femminili.

Lo trovo davvero aberrante.

Anche perché, effettuando un confronto altresì con gli altri personaggi incontrati precedentemente, Lewis ne esce come un misogino. Pare, infatti, che il messaggio implicito sia: le donne non sono pericolose solo se restano bambine.

Insomma, non sono una grande fan di Lewis…

Io avevo letto un’edizione (si parla di una decina di anni fa), forse Mondadori, con tutti e sette i romanzi, anche abbastanza economica… E be’, l’unica cosa che mi era piaciuta davvero era stato il breve saggio in appendice!

A parte ciò, forse sono stata troppo severa. Non è che questa prosa non abbia anche dei pregi (perché li ha). E’ solo che, a pensarci ex post. Rammento soprattutto irritazione.

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