CUORE
PRIMITIVO
di Andrea De Carlo
Ammettiamolo,
la trama è sempre la stessa: la coppia che si sfalda, il nuovo
improbabile amore che fiorisce, il confronto tra uomo e donna e tra
uomini diametralmente diversi… Craig Nolan, un impostato
antropologo inglese che è anche personaggio televisivo, e Ivo
Zanovelli, spontaneo, italiano e oscenamente grezzo, ma simpatico,
onesto, e con un piglio avventuroso…
Come
andrà, attesi i litigi che esacerbano sempre di più la coppia
formata da Nolan e sua moglie, la scultrice di gatti, Mara Abbiati,
dal carattere solare e genuino, è quasi scontato, e allora… allora
perché continuare a leggere De Carlo, specie se, come nel mio caso,
le storie d’amore non ci piacciono nemmeno?
Perché
il ragazzo scrive bene, ecco perché!
E
perché riesce ad analizzare tutto, anche il respiro, cambiando
prospettiva, punto di vista, portandoci ad immedesimarci in chiunque,
investendoci di emozioni, di sentimenti, e poi sezionandoli,
interpretandoli, ricostruendo e decostruendo (questa volta persino
con l’ausilio di un antropologo, che ci spiega che cos’è il
cuore primitivo e come questo concetto sopravviva ancora oggi, in
ogni civiltà, e persino, in fondo, in fondo, in qualunque relazione
umana).
Perché
ha uno stile particolare, spesso intrinsecamente ironico, in cui il
tempo è sempre al presente e il lettore vive in soggettiva... Uno
stile con un suo ritmo, che, quando ci si abitua, diviene veloce,
vertiginoso, e non ti consente pause, nemmeno per pulirsi le lenti
degli occhiali.
Perché
non sono storie d’amore, queste, ma storie di vita, in cui veniamo
posti di fronte a noi stessi e, semplicemente, ci sforziamo di
scrutare il nostro sentire nel profondo, di respingere tutti i
filtri, affrontando la nostra stessa essenza, in primo luogo, le
grandi domande, e facendo luce sulle pastoie che, magari
inavvertitamente ci siamo costruiti e che hanno finito col negarci la
libertà. Libertà di essere, innanzitutto, più che di fare.
Perché,
nonostante qualche ripetizione, qualche parola insistita, forse per
la sua squisita contezza, il frasario dell’autore è notevole, di
una varietà assoluta (tanto che gli perdoniamo volentieri qualche
noiosa similitudine e le – pur contenute – polpettose zuppe di
stampo motociclistico) persino armonioso, anche se siamo in una
prosa.
E
perché alla fine della trama ci importa poco, in effetti: quello che
conta, semmai, è il percorso umano, che è quello dei protagonisti,
ma è anche il nostro, e che è bello replicare in ognuna delle
varianti che De Carlo continuerà riproporci, oggi e in futuro.
P.S.
In
ultimo segnalo che il romanzo è ambientato in Liguria, nonché la
divertente struttura delle prime pagine, che, tra le altre amenità,
sfrutta la realtà di twitter e che ha il pregio di calarci da subito
nel cuore della vicenda in modo realistico, ma anche di strapparci
qualche sorriso.
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