UNDER
THE DOME
Questa
serie Tv è uno strazio e un aborto e l’unico motivo per cui
continuo a guardarla è che sono costretta, in quanto,
inspiegabilmente, al Mio Perfido Marito piacicchia (ma sospetto che
non sia davvero così, e che il fine ultimo sia torturarmi).
Lasciamo
perdere la circostanza che del romanzo di King cui si ispira (si veda
post 11.3.2015) siano rimasti giusto la cupola, il paese e qualche
nome. Non sono una purista e qui i veri problemi sono altri.
Intanto,
sin dall’inizio (ahimè siamo alla terza, sofferta stagione) c’è
stato da crepare di noia. I dialoghi rasentano il ridicolo, ci sono
troppi sospiri ed eccessive diluizioni, parentesi inutili e
sconclusionate, buchi e via dicendo. I momenti drammatici, poi, sono
snervanti e fasulli in egual misura e spesso riguardano tizi e
situazioni di cui non ci importa una cippa.
Elemento
ancora peggiore: i personaggi. A parte la circostanza che taluni a
tratti scompaiono per ricomparire, magari, dopo una stagione di
silenzio e poi morire (si veda, ad esempio, l’amico di Joe, di cui
manco ricordo il nome), gli altri o sono piatti da uccidersi (specie
Barbie, il protagonista – Mike Vogel – dotato dell’espressività
di un ferro da stiro) e/o schizofrenici, nel senso che – come ormai
accade in molte Serie Tv – cambiano così di frequente personalità
e obiettivi da indurci il mal di testa. In effetti, pure le alleanze
e le inimicizie oscillano di continuo: quello che oggi è il tuo
peggior nemico, domani sarà l’unico su cui potrai contare, e
viceversa.
In
quanto alla trama, poi, è partita per la tangente già da illo
tempore: sembra che lo sceneggiatore (che, assurdamente è l’ottimo
fumettista Brian K.
Vaughan, che non
si capisce
come possa, quando
si dedica alla televisione – si veda anche “Lost” – buttar
giù simili scempi senza senso) si scordi periodicamente di quanto
avviene nelle puntate precedenti (per tacere delle stagioni),
lasciando indietro vicende e personaggi, resettando e proponendo
nuovi filoni che non hanno nulla a che fare con i precedenti.
Insomma,
dire delirio è dire poco…
Le
idee, oltretutto, sono ben lungi dall’essere originali, sanno
sempre di stantio e riscaldato, mentre i colpi di scena sono troppo
spesso sleali: i morti non restano tali, ma resuscitano, la fine del
mondo, per cui si è sparsa tanta ansia, era solo immaginata, la fuga
dalla cupola e i vari cambiamenti ad essa conseguenti erano solo un
sogno, e via dicendo… Che flebo, sembra “Dallas”! In pratica è
come se non capitasse mai nulla. E quello che capita, su cui si
sprecano ipotesi e congetture, e che lì per lì viene descritto come
vitale, viene presto scordato (tutta la manfrina sulle “quattro
mani”, o sulla sorella di Barbie, ad esempio), o, più raramente,
ribadito e ritritato fino allo sfinimento (l’omicidio di Angie).
Ad
ogni modo, non è che si fatichi a seguire, se non per la noia
suprema, per le involuzioni narrative, per le attese disattese (ci
sono pure dei tocchi di umorismo involontario, che, se non altro,
sollevano un po’ il morale), e, ammettiamolo, capita pure qualche
trovata carina… solo che si perde nel mare magnum delle cretinate o
viene rovinata alla prima occasione…
In
sostanza, ‘sta sbobba sotto la cupola è tremenda, gratuitamente
melodrammatica e somiglia sempre più ad una soap opera, tanto che
temo non sia prevista una fine, se non quando gli spettatori saranno
tutti morti.
Io
spero caldamente di essere la prossima.
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