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lunedì 14 settembre 2015

Uno strazio e un aborto


UNDER THE DOME
 

Questa serie Tv è uno strazio e un aborto e l’unico motivo per cui continuo a guardarla è che sono costretta, in quanto, inspiegabilmente, al Mio Perfido Marito piacicchia (ma sospetto che non sia davvero così, e che il fine ultimo sia torturarmi).

Lasciamo perdere la circostanza che del romanzo di King cui si ispira (si veda post 11.3.2015) siano rimasti giusto la cupola, il paese e qualche nome. Non sono una purista e qui i veri problemi sono altri.

Intanto, sin dall’inizio (ahimè siamo alla terza, sofferta stagione) c’è stato da crepare di noia. I dialoghi rasentano il ridicolo, ci sono troppi sospiri ed eccessive diluizioni, parentesi inutili e sconclusionate, buchi e via dicendo. I momenti drammatici, poi, sono snervanti e fasulli in egual misura e spesso riguardano tizi e situazioni di cui non ci importa una cippa.

Elemento ancora peggiore: i personaggi. A parte la circostanza che taluni a tratti scompaiono per ricomparire, magari, dopo una stagione di silenzio e poi morire (si veda, ad esempio, l’amico di Joe, di cui manco ricordo il nome), gli altri o sono piatti da uccidersi (specie Barbie, il protagonista – Mike Vogel – dotato dell’espressività di un ferro da stiro) e/o schizofrenici, nel senso che – come ormai accade in molte Serie Tv – cambiano così di frequente personalità e obiettivi da indurci il mal di testa. In effetti, pure le alleanze e le inimicizie oscillano di continuo: quello che oggi è il tuo peggior nemico, domani sarà l’unico su cui potrai contare, e viceversa.

In quanto alla trama, poi, è partita per la tangente già da illo tempore: sembra che lo sceneggiatore (che, assurdamente è l’ottimo fumettista Brian K. Vaughan, che non si capisce come possa, quando si dedica alla televisione – si veda anche “Lost” – buttar giù simili scempi senza senso) si scordi periodicamente di quanto avviene nelle puntate precedenti (per tacere delle stagioni), lasciando indietro vicende e personaggi, resettando e proponendo nuovi filoni che non hanno nulla a che fare con i precedenti.

Insomma, dire delirio è dire poco…

Le idee, oltretutto, sono ben lungi dall’essere originali, sanno sempre di stantio e riscaldato, mentre i colpi di scena sono troppo spesso sleali: i morti non restano tali, ma resuscitano, la fine del mondo, per cui si è sparsa tanta ansia, era solo immaginata, la fuga dalla cupola e i vari cambiamenti ad essa conseguenti erano solo un sogno, e via dicendo… Che flebo, sembra “Dallas”! In pratica è come se non capitasse mai nulla. E quello che capita, su cui si sprecano ipotesi e congetture, e che lì per lì viene descritto come vitale, viene presto scordato (tutta la manfrina sulle “quattro mani”, o sulla sorella di Barbie, ad esempio), o, più raramente, ribadito e ritritato fino allo sfinimento (l’omicidio di Angie).

Ad ogni modo, non è che si fatichi a seguire, se non per la noia suprema, per le involuzioni narrative, per le attese disattese (ci sono pure dei tocchi di umorismo involontario, che, se non altro, sollevano un po’ il morale), e, ammettiamolo, capita pure qualche trovata carina… solo che si perde nel mare magnum delle cretinate o viene rovinata alla prima occasione…

In sostanza, ‘sta sbobba sotto la cupola è tremenda, gratuitamente melodrammatica e somiglia sempre più ad una soap opera, tanto che temo non sia prevista una fine, se non quando gli spettatori saranno tutti morti.

Io spero caldamente di essere la prossima.

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