LA
FEBBRE
di Francesca Genti
Romanzo
evocativo, a tratti volutamente disturbante, da leggere come una
poesia.
L’incipit
è geniale quanto suggestivo, i personaggi variopinti, molti i tocchi
traumatizzanti, gli spunti riusciti, ma a poco a poco la narrazione
si perde, sfuma, fino a frantumarsi: troppo, intenta, forse, a
compiacersi di se stessa per arrivare da qualche parte...
Peccato.
Ma
il traguardo è davvero fondamentale? Sempre?
L’ho
detto, secondo me questo romanzo è da leggere come una poesia, senza
pretendere nulla di più.
Onirica,
grottesca, allegorica (anche se forse si tratta di allegorie fondate
sul nulla e prive di spessore… bolle di sapone, riflessi di
specchio… ma luccicanti, fragili, preziosi).
In
questo senso non si può negare che l’opera sia interessante e
originale, e pazienza se alla fin fine si rivela un po’
inconsistente, un po’ rarefatta, fumosa.
Il
problema è che la trama è debole, superficiale.
Il
pregio è che ci sono istanti di formidabile potenza, che da soli
riscattano quello che manca (benché, complessivamente, anche la
visionarietà dell’autrice presenti dei limiti e sappia un po’ di
studiato, “preconfezionato”).
Pure
sui personaggi ci sarebbe stato da lavorare: sembrano nati per
stupire, ma poi si fermano lì. Allo stupore.
Non
danno emozioni, non forniscono sufficienti impulsi cerebrali. Sono
sterili, statici.
E
quindi?
E
quindi niente, per quanto i difetti siano tanti, il romanzo è da
consigliare.
In
quanto osa.
A
livello verbale, soprattutto, ma anche visivo.
In
quanto lisergico.
In
quanto peculiare. Apocalittico.
Ed
è piacevole, comunque, e si legge in fretta.
Senza
chiedere granché, e comunque avendo il merito di incuriosire fino in
fondo.
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