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martedì 6 ottobre 2015

La minaccia del Male


OUTCAST
di Robert Kirkman e Paul Azaceta
 
 
“The Walking Dead” (il fumetto, non la Serie Tv) mi piace molto, tuttavia ero un po’ titubante rispetto a questa nuova graphic novel, più che altro perché temevo fosse la stessa minestra riscaldata.

Non la è.

Gli zombie non c’entrano nulla.

Ma soprattutto l’impostazione è diversa, decisamente più realistica (la finzione può benissimo confondersi con la realtà, la realtà può essere spiegata con la finzione).

L’opera è piacevolmente innovativa, per quanto classica nei suoi connotati, e potenzialmente può ancora crescere parecchio.

Il protagonista, Kyle Barnes, è una sorta di reietto con un passato travagliato, estremamente ingombrante, che gli viene continuamente rinfacciato, e con un carico emotivo difficile da portarsi appresso. Scopriamo la sua storia a poco a poco (ma mai del tutto), e a poco a poco ci incuriosiamo…

Solo che, per quanto la vicenda, in principio, si dipani umanissima e plausibile, Kyle non è il solito marito/padre violento, pentito dopo l’inevitabile, quanto piuttosto un poveraccio che ha, in qualche modo, il potere di cacciare il demonio… E che, per questo, è spesso costretto ad effettuare scelte difficili, suscettibili di essere fraintese.

Siamo nel campo delle possessioni diaboliche, dunque.

Ma non è tutto qui.

I risvolti oscuri sono numerosi, le questioni ancora non chiarite parecchie, e la minaccia del Male assai più terribile di qualche occasionale episodio isolato…

C’è un disegno, infatti, dietro alle varie possessioni. E non sempre i soggetti che paiono sanati, lo sono davvero (non se è stato il Reverendo Anderson da solo ad operare l’esorcismo).

E poi che cos’è esattamente Kyle? Come fa ad avere questi poteri? Che cosa è accaduto nel suo passato?

Al momento siamo all’albo numero cinque (mi pare), e sebbene i numeri successivi non eguaglino l’incisività del primo, devo riconoscere che il livello si mantiene alto.

I pregi sono soprattutto tre: l’efficacia del montaggio, il ritmo eccellente, e il contesto disturbante, che pare “storto” in ogni dettaglio. Anche i disegni, spigolosi e sporchi, sono perfettamente intonati alla trama.

Questo, ad un primo sguardo.

Ad un secondo, ciò che apprezzo di più va oltre la storia e la narrazione in sé per sé, e riguarda piuttosto l’ambiguità delle varie situazioni: la realtà che fa da specchio all’immaginazione, e viceversa.

E poi, e questo, sì, è tipico di Kirkman, le reazioni umane.

Indagate in profondità, ma senza parentesi superflue.

Notevole.

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