IL
PIATTO PIANGE
di Piero Chiara
Romanzo
vivido, vivace e vitale, che offre uno spaccato della cittadina di
Luino, sul Lago Maggiore, dei suoi abitanti – osservati in
superficie e in profondità – con molti momenti ironici, sovente
quasi umoristici, parecchie trovate divertenti, ma anche fattacci di
sangue, malattie veneree, aborti, drammi, e risvolti tragici…
Sì,
perché in quel di Luino (in cui Chiara è nato), dove tutto appare
calmo e in ordine, persino addormentato, le cose non stanno proprio
così, e la variopinta fauna umana che popola il paesino appena può
si divide tra segreti e partite di carte clandestine, facendo, quando
riesce, una puntata alla casa di piacere di Mamarosa, la tenutaria,
che ormai è divenuta un’istituzione fra le più care.
Il
registro è principalmente ironico, ma non ci impedisce di ascoltare
soprattutto sventure – dal sapore squisitamente realistico – e
nemmeno di percepire ombre o di lanciare sguardi sul futuro, che di
solito si presenta fosco.
Piero Chiara ritratto dal nostro vignettista
Al
momento siamo negli anni 30, il Fascismo è diffuso, ma è più
occasione di burla e di equivoco, che vero e proprio spettro… La
faccenda cambierà nel 1943, in molti casi, quando la Storia
presenterà il suo conto...
L’andamento
della trama, tuttavia, non è lineare e nemmeno organico: si parte
dalla bisca clandestina, e, a poco a poco, si seguono i personaggi di
spicco del paese, e i loro guai, saltando dall’uno all’altro: il
Càmola, con la sua passione per le donne (ma chi non ce l’ha?); il
Tetàn, con le sue vicissitudini mediche; lo Sberzi, il Dottor
Guerlasca…
C’è
anche Piero Chiara, che spunta, occhieggia, raccoglie confidenze,
mentre ci offre un assaggio neorealista di questa umanità in
fermento, e soprattutto commenta, con il sorriso sulle labbra, tra un
sottinteso e una strizzata d’occhio, perseguendo la sottile arte
del non dire, del lasciare intendere, specie al cospetto delle
questioncelle più scabrose…
E
anche noi ci divertiamo, sebbene, come di consueto nei romanzi di
quest’autore, non possiamo ignorare l’amarezza che permea quasi
tutte le situazioni, il dolore sotteso, la tragicità di tante
vicende…
Che,
infatti, a volte finiscono male.
Se
non oggi, domani.
Se
vogliamo, ogni molto, c’è pure una spruzzatina truce (ad esempio,
si veda lo svizzero divoratore di cani o il terribile scenario
relativo all’operazione della Giustina).
In
principio, dico la verità, il libro non mi aveva presa molto, pur
apprezzandone l’arguzia, ma superate le prime tre decine di pagine
è decollato, e mi sono appassionata… Peraltro, è piuttosto breve
e non ruba troppo tempo, rivelandosi presto godibile, curioso e
amenamente vintage.
La
domanda finale, tuttavia, è: dove inizia la fantasia e dove finisce
la realtà? Chiara spergiura che sia tutta finzione, ma ne siamo
davvero convinti?
Eppure
la risposta non è importante: un fatto, per essere vero, mica deve
per forza essere accaduto…
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