LA
CASA NELLA PRATERIA
di Laura Ingalls Wilder
Ho
deciso di leggerlo soprattutto per motivi nostalgici visto che da
piccola guardavo il cartone animato e (più o meno) il telefilm, ma
devo dire che, per quanto sia dichiaratamente per bimbi, non è
affatto male, ed anzi, è interessante osservare come si viveva in
un’epoca in cui, quando si decideva di trasferirsi, si caricava
tutto su un carro, si sceglieva un punto d’arrivo e si costruiva
dal nulla una casa nuova, fabbricando da sé (o magari con l’aiuto
di un “vicino” che sta tre chilometri più in là) tutto il
mobilio…
Questi,
infatti, gli intenti dell’autrice, che è anche la protagonista
principale del romanzo (per quanto narrato in terza persona):
immortalare le vicende dei pionieri americani sul finire del 1800. Un
racconto autobiografico, dunque, seppur molto romanzato, di cui
questo è solo il primo episodio… Vedremo mai i seguiti (che non
sono pochissimi)? Lo spero, anche perché, per il momento, non c’è
ancora traccia della mia adorata (e perfida) Nelly Oleson…
Nel
primo capitolo, infatti, seguiamo solo le avventure della famiglia
Ingalls: Papà Charles, con gli occhi blu; la dolce mamma Caroline e
le bambine: Mary, la sorella maggiore, buona e giudiziosa; Laura, la
nostra autrice, appunto, la più peperina, e la piccola Carrie, oltre
al fido cane Jack, che, attirati dai più ampi spazi, partono dal
Wisconsin per trasferirsi in Kansas.
Sullo
sfondo la natura selvaggia e incontaminata (ci sono un sacco di
animali e piante che da noi sono semisconosciute, e anche lupi e una
pantera, potenzialmente pericolosi) e poi gli indiani, in generale di
indole pacifica, ma capita che entrino in casa di sorpresa e si
portino via tutta la farina di mais, spaventando a morte la povera
Caroline (fino a che...)!
Godiamo,
quindi, dell’armonia familiare di Casa Ingalls, della compagnia di
queste bimbe sempre gentili e generose (anche se Laura, ogni tanto,
auspicherebbe standard più bassi), della solidarietà umana e
commovente dimostrata da tutti, e ci stupiamo per come fosse semplice
la vita ai tempi (lo zucchero bianco è un lusso, così i vetri alle
finestre, due dolcetti ed una tazza di stagno sono considerati un bel
regalo di Natale per le bambine e il migliore intrattenimento la sera
è papà che canta e suona il violino), e come si riuscisse lo stesso
ad essere sempre ottimisti e felici, senza neanche percepire la
propria condizione di miseria. Perché comunque si sta tutti bene e
in fondo miseria non è!
Nel
complesso, dunque, una lettura molto dolce e rilassante, confortante,
addirittura, che procede in modo piano, ma che riserva sempre delle
sorprese, delle incertezze. Sicuramente un romanzo adatto a dei bimbi
in età scolare, ma capace di dar qualcosa anche ad un adulto:
tenerezza, innanzitutto, e tanta umanità. Ma non è una favola, ed
ogni tanto, pur filtrato con gli occhi di Laura e l'incanto
dell'infanzia, questo aspetto emerge. La vita dei coloni è faticosa
e densa di pericoli, ed è solo grazie all'accortezza di Charles che
ogni cosa fila liscia. Anche se verso il finale la dura realtà fa
capolino e noi possiamo scontrarci con essa sotto almeno due profili
contrapposti, entrambi ingiusti.
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