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giovedì 15 ottobre 2015

L'armonia familiare di Casa Ingalls

LA CASA NELLA PRATERIA
di Laura Ingalls Wilder


Ho deciso di leggerlo soprattutto per motivi nostalgici visto che da piccola guardavo il cartone animato e (più o meno) il telefilm, ma devo dire che, per quanto sia dichiaratamente per bimbi, non è affatto male, ed anzi, è interessante osservare come si viveva in un’epoca in cui, quando si decideva di trasferirsi, si caricava tutto su un carro, si sceglieva un punto d’arrivo e si costruiva dal nulla una casa nuova, fabbricando da sé (o magari con l’aiuto di un “vicino” che sta tre chilometri più in là) tutto il mobilio…
Questi, infatti, gli intenti dell’autrice, che è anche la protagonista principale del romanzo (per quanto narrato in terza persona): immortalare le vicende dei pionieri americani sul finire del 1800. Un racconto autobiografico, dunque, seppur molto romanzato, di cui questo è solo il primo episodio… Vedremo mai i seguiti (che non sono pochissimi)? Lo spero, anche perché, per il momento, non c’è ancora traccia della mia adorata (e perfida) Nelly Oleson…
Nel primo capitolo, infatti, seguiamo solo le avventure della famiglia Ingalls: Papà Charles, con gli occhi blu; la dolce mamma Caroline e le bambine: Mary, la sorella maggiore, buona e giudiziosa; Laura, la nostra autrice, appunto, la più peperina, e la piccola Carrie, oltre al fido cane Jack, che, attirati dai più ampi spazi, partono dal Wisconsin per trasferirsi in Kansas.
Sullo sfondo la natura selvaggia e incontaminata (ci sono un sacco di animali e piante che da noi sono semisconosciute, e anche lupi e una pantera, potenzialmente pericolosi) e poi gli indiani, in generale di indole pacifica, ma capita che entrino in casa di sorpresa e si portino via tutta la farina di mais, spaventando a morte la povera Caroline (fino a che...)!
Godiamo, quindi, dell’armonia familiare di Casa Ingalls, della compagnia di queste bimbe sempre gentili e generose (anche se Laura, ogni tanto, auspicherebbe standard più bassi), della solidarietà umana e commovente dimostrata da tutti, e ci stupiamo per come fosse semplice la vita ai tempi (lo zucchero bianco è un lusso, così i vetri alle finestre, due dolcetti ed una tazza di stagno sono considerati un bel regalo di Natale per le bambine e il migliore intrattenimento la sera è papà che canta e suona il violino), e come si riuscisse lo stesso ad essere sempre ottimisti e felici, senza neanche percepire la propria condizione di miseria. Perché comunque si sta tutti bene e in fondo miseria non è!

Nel complesso, dunque, una lettura molto dolce e rilassante, confortante, addirittura, che procede in modo piano, ma che riserva sempre delle sorprese, delle incertezze. Sicuramente un romanzo adatto a dei bimbi in età scolare, ma capace di dar qualcosa anche ad un adulto: tenerezza, innanzitutto, e tanta umanità. Ma non è una favola, ed ogni tanto, pur filtrato con gli occhi di Laura e l'incanto dell'infanzia, questo aspetto emerge. La vita dei coloni è faticosa e densa di pericoli, ed è solo grazie all'accortezza di Charles che ogni cosa fila liscia. Anche se verso il finale la dura realtà fa capolino e noi possiamo scontrarci con essa sotto almeno due profili contrapposti, entrambi ingiusti.

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