PENELOPE ALLA GUERRA
di Oriana Fallaci
E va bene, la Fallaci mi piace di più come reporter che come romanziera... E ciò sebbene quest'opera non mi sia dispiaciuta, al contrario: è viva, impetuosa e gastrica. E ciò benchè la trama, in sé stessa, non sia di quelle che fanno gridare al genio!, al genio!, se non per la forza stilistica.
Eppure anche sotto questo profilo non posso dichiarare una soddisfazione piena. Indubbiamente la Fallaci scrive bene, ci manca, però... quei suoi vezzi retorici, quelle forme un poco desuete, quelle sue frasi insistite che nei suoi pezzi da giornalista conferiscono magnetismo e carisma alla lettura qui sanno di artificio e, alla lunga, sottilmente stancano.
Intendiamoci, non lo avrei notato in altri autori, ma le mie aspettative verso di lei ormai sono alte. Vertiginose. Pazienza.
Il libro è comunque interessante: parla di uomini e di donne, dell'amore e dell'America. Vanta personaggi intensi – Giò, la protagonista, in particolare (ma c'è un passaggio straordinario su Martine, l'amica frivola) –, canta di sentimenti, ma è lungi dall'essere melenso (disperato, tutt'al più, cinico, a tratti, bruciante), è critico, contraddittorio e c'è molto di autobiografico. Si vede. In Giò, soprattutto.
Non dubito che la storia sia inventata, come l'autrice ha proclamato a gran voce, ma c'è troppo di lei nei modi e nei toni come nel retaggio stesso e nel contesto del personaggio per poter prendere del tutto le distanze dalla donna. Più che un mix di fantasia, ricordo e invenzione, infatti, Giò pare un suo alter ego, seppur ben radicato in un momento preciso della sua vita e presto consegnato al passato.
Siamo nel 1962, Giovanna va a New York per lavoro, fa la giornalista, e qui trova l'amore, o così crede. In realtà, più che altro, si ribella. Alle convenzioni, ai cliché, a sé stessa. E quindi, novella Penelope, rifiuta di tessere la tela, ma ruba il ruolo ad Ulisse... Che, questa volta, non è un eroe, ma un pavido, un pusillanime.
P.S.
Affermo di preferire la Fallaci reporter, ed è vero, per ora, ma il confronto è impari. Ho letto molto di lei come giornalista, ma questa, per me, è la sua prima opera di narrativa. Per me e anche per lei: è il suo primo romanzo. Quindi è possibile che il mio sia un giudizio affrettato. Vedremo. Ma credo che Insciallah dovrà attendermi ancora un po' e che darò la precedenza, ad esempio, alle interviste...
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