STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA
di Elena Ferrante
Ci ho provato a centellinarlo, perché questo è l'ultimo romanzo della tetralogia.
E per un po' sono stata brava, imponendomi attese e intervalli, e ho impiegato un mese per arrivare a pagina cento, dedicandomi agli altri libri (21) iniziati nel frattempo.
Ma poi... Non ho più resistito e in una notte sono arrivata alla fine.
E ora invidio a morte chi è all'inizio o più indietro ancora, chi addirittura non ha nemmeno acquistato il primo volume e può vivere ogni cosa da capo.
Mi mancherà Lenù, e ancora di più Lila, che non cessa mai di ardeere e di bruciare.
Mi mancherà Napoli, e mi mancherà il Rione... mi mancherà l'analisi profonda e feroce dei tempi e dei sentimenti, delle persone e delle cose, l'amore, le contraddizioni, il dolore, la disillusione, i percorsi dell'esistenza e la gravità delle scelte, la tensione intellettuale e le riflessioni.
Mi sembra quasi che sia la mia – e sia doppia e speculare, lato chiaro e lato oscuro – la vita che è passata... E quante cose ho fatto, oppure mi hanno attraversata, e quante sono successe, moltiplicandosi attraverso i personaggi e le rifrazioni dell'essere.
Altre morti violente e scioccanti, arresti, ritorni, svolte inaspettate... E la bambina perduta del titolo, naturalmente, che fino all'ultimo non si sa chi è, a causa della dualità che di nuovo si rinnova e ancora, nel finale, verrà riproposta con un motivo differente, suscettibile di più interpretazioni.
E in definitiva, dunque, che cosa fa di questa tetralogia un capolavoro? Quale ne è la cifra?
Rispondo: la forza e la totalità.
Perché c'è tutto. Perché è la vita stessa che scorre, che tracima, piena di segreti aggrovigliati, nel bene e nel male, non sempre discernibili, i cui confini si mescolano e sovrappongono, eppure restano ben distinti, senza filtri, senza intermediari, potenti e feroci, alimentati dalla passione, dal desiderio, funestati dalle circostanze, vituperati dal fato, resi necessari dal proprio ineluttabile sentire.
Quest'opera sembra la fotografia, artistica e virata in seppia, di un microcosmo, di un'amicizia e di due personalità, racchiusi in un unico scatto.
Solo che una fotografia non potrebbe essere così immensa e impetuosa.
E nemmeno, se è per questo, così inesorabilmente a fuoco.
Nessun commento:
Posta un commento