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giovedì 18 maggio 2017

Si ride e si piange

THE DRESSMAKER – Il DIAVOLO E' TORNATO
di Jocelyn Moorhouse 
(2015)


Adoro Kate Winslet: è talentuosa e intensa e saprebbe conferire spessore persino a Olivia di Braccio di Ferro. 
E' dunque la sua presenza che mi ha spinta a voler vedere questo film, ma devo ammettere che, nonostante tutto, non sono rimasta delusa.
Nonostante perché la protagonista ha davvero troppe sfighe e in alcuni punti si indulge un po' troppo al melodramma, senza bilanciarlo con altrettante, liberatorie e doverose, stilettate al fiele verso chi se lo merita...
Nonostante perché mi sembra incredibile (e spero che davvero lo sia) un simile coacervo di meschinità, stupidità e cattiveria senza redenzione: nell'odioso paesino di Dungatar sette persone soltanto non ne sono affette!
Nonostante perché l'intreccio di base non è originale e sembra un ibrido fra “The Help”, sfrondato dalla questione razziale, e “Il Diavolo Veste Prada”, ma con la carnefice che in realtà è vittima.  
Nonostante perché, con tutto il bene che voglio a Kate Winslet, spacciare il suo personaggio, Tilly, come coetaneo di Liam Hemsworth sfiora il ridicolo.
Al di là di ciò, però, sì, il film mi è piaciuto. Si ride e si piange, si apprezza il valore di arte e stile, ci sono tanti personaggi variopinti in evoluzione, buoni interpreti, molte scene topiche, momenti di dolcezza e di rabbia – rabbia nera – e almeno due colpi di scena pazzeschi, per quanto annunciati (ma pure altri di cui avrei fatto a meno)... 
Ho qualche dubbio sull'epilogo, che in parte ci voleva, ma in parte mi sembra eccessivo e quasi surreale. In compenso Kate Winslet è in gran forma, Hugo Weaving sembra ringiovanito e sfoggia una (è il caso di dirlo) veste nuova quanto irresistibile. Anche Liam Hemsworth si distingue e riesce ad affrancarsi dalla parte del bamboccio belloccio assurgendo a qualcosa di più.
Ma soprattutto, nonostante i difetti evidenziati, è avvincente la trama, buona l'ambientazione (siamo in Australia nel 1951) ed ammaliante il personaggio di Tilly: lungi dall'essere un diavolo, ma, semmai, una donna forte, determinata, che ha saputo reinventare se stessa e ciò che la circonda. 
E, certo, è delizioso il confronto tra la miserabile cittadina di Dungatar e le sue abitanti che, dopo la cura Tilly, girano agghindate secondo la moda parigina, tra paesaggi polverosi e spogli scenari rurali, conquistate dalla ventata di modernismo che Tilly rappresenta. Ciò nondimeno restando tragicamente e irreparabilmente arretrate a livello di mentalità, a dispetto delle seducenti sovversioni provocate dalla nostra eroina con ago, filo e macchina da cucire.

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