KING ARTHUR
– Il Potere della Spada –
di Guy Ritchie
(2017)
Non ho mai visto l'epopea di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda così stravolta e fracassona (Mordred e Merlino docet) o, se si preferisce, liberamente tratta, con effetti speciali spaziali e quasi discotecari, e l'elemento fantasy così calcato e arricchito, ma non a scapito della trama avventurosa.
Ma proprio per questo la pellicola è strepitosa, perché non è la solita zuppa stra-raccontata (beh, a tratti sì, ma non importa) e risulta innovativa, diversa, sui generis, e come tale non sempre prevedibile, in primis sotto il profilo registico. Guy Ritchie sorprende con il suo sistema di mostrarci diversi spezzoni temporali contemporaneamente, miscelando dettagli irrisori e punti esiziali, e, superato l'effetto magmatico iniziale, risulta effervescente e pieno di ritmo.
Poi ci sono i personaggi: meravigliosi. A partire da Artù (che pare più un incrocio fra Robin Hood e un orfanello disperato che non il futuro Re di Camelot), il quale, sin da piccolo, porello, prende una saccagnata di botte. Botte da orbi e botte da tutti. E mi piace pure l'interprete, Charlie Hunnam, bellino ma non troppo bamboccio, simpatico, ma non gradasso, abile a sottolineare l'idealismo del protagonista, ma anche crucci e insicurezze. Apprezzabili altresì i suoi amici – tanto che ogni perdita pare una stilettata – ciascuno dotato di tridimensionalità e motivi di affetto. Senza contare che... mai Excalibur è stata più potente. Ma non per questo la battaglia sarà facile o il suo esito scontato: faticoso, infatti, sarà imparare a governarla, tanto che, tra una battaglia e un incantesimo, si intravede persino un po' di romanzo di formazione.
Curiosità: nel cast anche Roose Bolton e Petyr Belish de “Il Trono di Spade”.
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