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lunedì 23 febbraio 2015

Dal sapore edipico


KAFKA SULLA SPIAGGIA
di Haruki Murakami
 
 
Non tanto per un'allusione a Franz Kafka, quanto alla parola “corvo”... Kafka, dunque, è uno pseudonimo, ma “Kafka sulla spiaggia” è un quadro...

Mentre il romanzo che ci racconta la sua storia è... un urban fantasy?

Non lo so, in parte: Murakami è particolare. Geniale. Ricco di immaginazione. Misteri. E il quadro, tutto sommato, ha un ruolo secondario.

Tamura Kafka, invece, è un quindicenne che fugge da casa per sottrarsi ad una fosca profezia...

E poi c'è Nakata, che seguiamo in parallelo, un anziano signore che parla con i gatti, ma non sa né leggere né scrivere e, a quanto pare, non è granché intelligente...

Tamura sembra un adulto, Nakata un bambino.

E infine, c'è questo reportage relativo ad un episodio accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale: una maestra che conduce gli alunni in un bosco... Di colpo i bambini perdono i sensi. Solo loro inspiegabilmente, risvegliandosi ore più tardi, senza riportare danni. Uno soltanto non si desterà che dopo tre mesi e, come gli altri, non ricorderà nulla...

La trama è stimolante e molto originale, dal sapore edipico e sconcertante, evocativa, esistenzialista. Onirica.

Ci sono delle assonanze con “La fine del mondo il paese delle meraviglie”, sempre di Murakami (le due storie che scorrono alternate, ma che sono collegate; la biblioteca; le ombre; i teschi degli animali; le anime; la musica; la simbologia...) e con gli altri romanzi dello scrittore appartenenti al “filone sentimentale” (le riflessioni, l'intimismo, l'amore “travagliato”). Ma è anche un volume a sé, che merita di essere letto. Alla fine l'impressione è di non aver decifrato tutto, ma non crea alcuna delusione, anzi, è come se aggiungesse qualcosa in più. Perché non è importante la conclusione, ma come ci si arriva.

Lo stile, inoltre, è scorrevole, ma in modo personale.

Il primo aggettivo che sovviene è “lento”, ma è inesatto perché non coglie la sfumatura di inesorabilità e di calma che infonde, né la serenità che contempla, che non è priva di ritmo, ma ne ridefinisce i confini.

Significativo.

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