IL
BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO
di Sergio Leone
(1966)
Pietra
miliare del Cinema Western, capitolo finale della “Trilogia del
Dollaro”, sin dal titolo rivela come i parametri semantici del West
siano relativi, dal momento che pure il Buono, tanto buono non è:
piuttosto vive di truffe e, semplicemente, non è spietato e amorale
come gli altri, Tuco (il Brutto) e Sentenza (il Cattivo), il quale, a sua volta, non è più malvagio del Brutto, ma solo più infido ed
intelligente...
Che
dire che non sia già stato detto? Probabilmente nulla.
E'
una pellicola di culto, fatta di campi lunghi che si alternano a
inquadrature dettagliate, di sguardi in cui ogni parola è superflua,
e dunque non viene pronunciata, e di silenzi, anzi di bellissime
musiche, quelle di Ennio Morricone, che trasudano personalità e...
ironia, talvolta.
Un
film dove la violenza regna sovrana e gratuita, ma senza indulgere
nello splatter (Tarantino non era ancora arrivato), i personaggi sono
anti-eroi votati al denaro e alla sopravvivenza, le mosche
imperversano e il sole picchia e disidrata...
Percorso
da una sorta di umorismo sornione e beffardo, a tratti risulta quasi
divertente, più spesso è mitico, leggendario, improntato alla
magnificenza eterna. Per tacere del fatto che Clint Eastwood, il
Buono, è figo come non mai (non per niente, è a lui che King si è
ispirato per il personaggio di Roland), senza nome, detto “il
biondo”, come se questo fosse sufficiente a definirlo, con la mira
infallibile (quando vuole) ed il sigaro perennemente in bocca...
Eppure non è un dio sceso in terra, né è più duro degli altri.
Come osserva Sentenza (in rapporto a Tuco), però è più furbo (e
più elegante e compassionevole)...
E
grazie al cervello (e alla fortuna) riesce a scamparla persino quando
sembra impossibile...
Tuco
(Eli Wallach), invece, è una bestia sciamannata e la carrellata di
reati che gli vengono attribuiti non basta a riassumerne la
personalità, eppure... eppure, in un imperscrutabile modo malato, il
ragazzo fa simpatia...
Sentenza
(Lee Van Cleef), infine, dallo sguardo insinuante che ti crocifigge,
è paragonabile giusto ad un serpente... Tuttavia, hey, ci piace pure
lui! Forse perchè, alla fin fine, volenti o nolenti, accettiamo
anche noi le dure regole dell'West, oppure perché gli interpreti
sono superlativi e pare che il ruolo di ognuno gli sia stato
ritagliato addosso!
La
faccenda più sorprendente, però, è la regia di Leone: per quanto
incline a soffermarsi su qualsivoglia dettaglio, non è lenta, né
datata, ed anzi ci permette di gustare ogni scena da molteplici
angolazioni, scomponendola e ricostruendola in modo personale ed
efficace. Magistrali la sequenza iniziale e... la conclusione! Il
“triello” risucchia tutta l'aria nella stanza e la restituisce
sotto forma di immagini... e il biondo, beh il biondo è il biondo!
Sullo
sfondo la guerra di Secessione, che non è invasiva, ma fa colore ed
è densa di significati e parallelismi con le azioni dei nostri
protagonisti (se loro si divertono a rischiare la pelle e ad
ammazzare, la guerra si riduce ad una vacua carneficina e le morti
sono sempre tristi e inutili). Inoltre, nonostante il messaggio sia
antebellico (specie con la storia del ponte), come mi ha fatto notare
il MPM, i graduati dell'Unione si dimostrano alla fine delle brave
persone...
Epico.
Nessun commento:
Posta un commento