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mercoledì 29 luglio 2015

Si descrive la vita

LE LUNE DI GIOVE
di Alice Munro


Undici racconti di donne, delle pieghe del loro animo, delle loro vicende... Ma narrati in modo così analitico, delicato e introspettivo che non risultano rivolti prettamente ad un pubblico femminile, bensì a chiunque ami la buona letteratura.
Perché, sì, di letteratura si sta parlando.
Perché non succede nulla di eclatante, ma si descrive la vita, si osserva, con i suoi moti dell'animo, le sue riflessioni, le sue sensazioni fatte di nulla e di tutto, che sconvolgono proprio per questo, analizzate a fondo, con onestà – a volte spiazzante, altre ironica o tagliente, ma sempre con gentilezza – e percepite nelle loro numerose sfumature.
Storie che diventano momenti, atmosfere, esistenze.
Che cristallizzano l'essere e lo fissano sulla carta.
Che ti avvolgono e ti offrono i sapori diversi del sentire e del divenire. Amare, magari, ma anche consolatorie.
Ognuna di queste donne, stando a quanto illustra la quarta di copertina, è alle prese con una relazione in qualche modo sbagliata, ma i confini di questo trait d'union sono così ampi che non divengono riduttivi, perché ogni elemento della definizione (da “relazione” a “sbagliato”, all'età stessa dell'occasionale protagonista) viene indagato in un senso così vasto da non creare ripetitività o stanchezza.
Siamo tra gli anni 70 e 80, ma siamo sempre al presente, un presente narrato in prima persona, eternizzato, autobiografico, permeato dalla consapevolezza. Perché dentro di noi, sappiamo che cosa sta per accadere, quali tristezze verranno a turbarci. Senza turbarci davvero, perché siamo preparate ad affrontarle e in un certo qual modo stiamo solo aspettando che si verifichino. Ci rendiamo conto di ciò che non va, solo abbiamo i nostri tempi.
Per quanto abbia letto il volume volentieri, non tutti i racconti mi hanno conquistata allo stesso modo: tra i miei preferiti “La stagione dei tacchini”, spontaneo, ingenuo a tratti persino divertente, nonostante l'epilogo triste, “L'incidente”, davvero forte e inaspettato, e “Storie finite male”, ironico e privo di autocompatimenti, con un finale bislacco e “avanti”.

Ma nel momento in cui affermo così, non posso che ricordare anche le focose personalità delle parenti della protagonista dei due racconti su “i Cheddeley e i Fleming”...

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