LE
LUNE DI GIOVE
di Alice Munro
Undici
racconti di donne, delle pieghe del loro animo, delle loro vicende...
Ma narrati in modo così analitico, delicato e introspettivo che non
risultano rivolti prettamente ad un pubblico femminile, bensì a
chiunque ami la buona letteratura.
Perché,
sì, di letteratura si sta parlando.
Perché
non succede nulla di eclatante, ma si descrive la vita, si osserva,
con i suoi moti dell'animo, le sue riflessioni, le sue sensazioni
fatte di nulla e di tutto, che sconvolgono proprio per questo,
analizzate a fondo, con onestà – a volte spiazzante, altre ironica
o tagliente, ma sempre con gentilezza – e percepite nelle loro
numerose sfumature.
Storie
che diventano momenti, atmosfere, esistenze.
Che
cristallizzano l'essere e lo fissano sulla carta.
Che
ti avvolgono e ti offrono i sapori diversi del sentire e del
divenire. Amare, magari, ma anche consolatorie.
Ognuna
di queste donne, stando a quanto illustra la quarta di copertina, è
alle prese con una relazione in qualche modo sbagliata, ma i confini
di questo trait d'union sono così ampi che non divengono riduttivi,
perché ogni elemento della definizione (da “relazione” a
“sbagliato”, all'età stessa dell'occasionale protagonista) viene
indagato in un senso così vasto da non creare ripetitività o
stanchezza.
Siamo
tra gli anni 70 e 80, ma siamo sempre al presente, un presente
narrato in prima persona, eternizzato, autobiografico, permeato dalla
consapevolezza. Perché dentro di noi, sappiamo che cosa sta per
accadere, quali tristezze verranno a turbarci. Senza turbarci
davvero, perché siamo preparate ad affrontarle e in un certo qual
modo stiamo solo aspettando che si verifichino. Ci rendiamo conto di
ciò che non va, solo abbiamo i nostri tempi.
Per
quanto abbia letto il volume volentieri, non tutti i racconti mi
hanno conquistata allo stesso modo: tra i miei preferiti “La
stagione dei tacchini”, spontaneo, ingenuo a tratti persino
divertente, nonostante l'epilogo triste, “L'incidente”, davvero
forte e inaspettato, e “Storie finite male”, ironico e privo di
autocompatimenti, con un finale bislacco e “avanti”.
Ma
nel momento in cui affermo così, non posso che ricordare anche le
focose personalità delle parenti della protagonista dei due racconti
su “i Cheddeley e i Fleming”...
Nessun commento:
Posta un commento