MIELE
di Ian McEwan
McEwan
mi piace, ma non avevo letto molto di lui (giusto “Espiazione” e
“La ballata di Adam Henry”), quindi quando “Miele” mi è
capitato tra le mani mi sono detta: perché no?
Solo
che in principio, al di là delle promesse della quarta di copertina,
non capivo che cosa avessi comprato... La biografia di
un'universitaria confusa? Una vicenda di spionaggio? Si parlava di
una travolgente storia d'amore... ma quale? Tra chi? Non quella con
il vecchio prof, né tanto meno quella tra Serena e Max... Dunque?
Alla
fine si chiarifica tutto, e questo è uno di quei casi in cui il “the
end”, stupendamente metaletterario (come in “Espiazione”,
peraltro, che però, ex post, risulta più incisivo), ti porta a
rivalutare ogni cosa, con occhi diversi. E pure un po' a commuoverti,
in questo caso. A sentire la forza della situazione e la sua superba
contraddittorietà.
E...
sì, è bello. E la storia d'amore è stupenda (e io non sono una di
quelle che di solito le apprezza, anzi).
Notevole
anche lo stile di McEwan, un po' lento, va bene, ma sostenuto da
un'eccellente capacità descrittiva e di approfondimento psicologico,
con qualche spruzzata (sporadica) di simpatia e di fragilità, che ci
induce a perdonargli la circostanza che la trama non parta proprio da
subito. In principio, infatti, si affrontano tante pagine di
contestualizzazione e di conoscenza della protagonista, che hanno il
loro fascino, ma che ci sembrano un po' inconcludenti, un po' fini a
se stesse, come se ci si cimentasse un mero esercizio di
virtuosismo... fino a che tutto acquista un senso e comprendiamo.
Che
queste pagine erano necessarie e che il romanzo è strutturato
esattamente come doveva essere.
P.S.
Carine
le parentesi letterarie e le discussioni critiche.
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