LA
CHIAVE DELL'ASCENSORE. L'ORA GRIGIA
di Agota Kristof
Due
pièce taglienti e amare, due situazioni così dolorose,
claustrofobiche ed esasperate da apparire senza uscita... Solo che
l'uscita c'è, ed è spettacolare quanto tragica, con un nonsoché di
contraddittorio e destabilizzante, che risulta quasi umoristico!
Ne
“La chiave dell'ascensore” conosciamo una donna tenuta
prigioniera dal marito, e alla quale, gradualmente, viene sottratto
ogni scampolo di autonomia. Come tutte le vittime, però, la signora
è complice silenziosa del suo carnefice, che giustifica e di cui
sposa le motivazioni, illudendosi che il suo lui abbia il solo scopo
di proteggerla... Fino a che la protagonista non cessa di mentire a
se stessa, non realizza, e... Tutto sembra imporci come soluzione il
suicidio... E invece no! Invece...
“L'ora
grigia”, o “L'ultimo cliente”, riferisce il dialogo di una
prostituta ormai anziana e del suo cliente più affezionato, un
ladro, anziano anche lui e da sempre innamorato di lei, mentre un
violinista suona nella stanza vicino...
Anche
qui le pagine trasudano sofferenza e dell'idea di una vita sprecata e
di occasioni buttate al vento, ormai troppo radicate per poter avere
uno sviluppo lieto... E infatti non ce l'hanno, oppure sì, se si è
sufficientemente cinici.
Due
drammi brevissimi, vagamente malsani, vagamente morbosi e perversi,
dallo stile asciutto, secco, ma rilucente di bellezza, specie nelle
ariose descrizioni nell'apertura fiabesca – e superbamente allusiva
– de “La chiave dell'ascensore”, specie nel ritmo dialogico
della prostituta e del cliente, scevro di tenerezza, ma pieno di
pathos... e staffilate.
Alla
fine, forse, non ti lasciano molto, se non un boccheggiamento
dell'anima, una ferita sanguinante, ma invisibile, eppure vale la
pena leggerli, anche solo per il piacere di esserne tramortiti.
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