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venerdì 5 febbraio 2016

Pagine che trasudano sofferenza

LA CHIAVE DELL'ASCENSORE. L'ORA GRIGIA
di Agota Kristof


Due pièce taglienti e amare, due situazioni così dolorose, claustrofobiche ed esasperate da apparire senza uscita... Solo che l'uscita c'è, ed è spettacolare quanto tragica, con un nonsoché di contraddittorio e destabilizzante, che risulta quasi umoristico!
Ne “La chiave dell'ascensore” conosciamo una donna tenuta prigioniera dal marito, e alla quale, gradualmente, viene sottratto ogni scampolo di autonomia. Come tutte le vittime, però, la signora è complice silenziosa del suo carnefice, che giustifica e di cui sposa le motivazioni, illudendosi che il suo lui abbia il solo scopo di proteggerla... Fino a che la protagonista non cessa di mentire a se stessa, non realizza, e... Tutto sembra imporci come soluzione il suicidio... E invece no! Invece...
“L'ora grigia”, o “L'ultimo cliente”, riferisce il dialogo di una prostituta ormai anziana e del suo cliente più affezionato, un ladro, anziano anche lui e da sempre innamorato di lei, mentre un violinista suona nella stanza vicino...
Anche qui le pagine trasudano sofferenza e dell'idea di una vita sprecata e di occasioni buttate al vento, ormai troppo radicate per poter avere uno sviluppo lieto... E infatti non ce l'hanno, oppure sì, se si è sufficientemente cinici.
Due drammi brevissimi, vagamente malsani, vagamente morbosi e perversi, dallo stile asciutto, secco, ma rilucente di bellezza, specie nelle ariose descrizioni nell'apertura fiabesca – e superbamente allusiva – de “La chiave dell'ascensore”, specie nel ritmo dialogico della prostituta e del cliente, scevro di tenerezza, ma pieno di pathos... e staffilate.

Alla fine, forse, non ti lasciano molto, se non un boccheggiamento dell'anima, una ferita sanguinante, ma invisibile, eppure vale la pena leggerli, anche solo per il piacere di esserne tramortiti.

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