UOMINI
SENZA DONNE
di Haruki Murakami
La
cifra del volume, una raccolta di sette racconti, è contenuta nel
titolo (che è anche quello dell’ultima storia), e calca in
particolare sul “senza”, di norma percepito come una mancanza
profonda, quasi una lacerazione, ma ha declinazioni diverse, che
creano riverberi e corrispondenze, sospensioni e vuoti d’aria, le
quali possono virare più sul fantastico come, più spesso,
mantenersi nei canoni sottotono della grigia normalità.
Questa
volta, infatti, Murakami aderisce soprattutto al suo filone
realistico, trascurando la sua fervida immaginazione a favore di
indagini sentimentali e introspezione.
I
racconti, infatti, sono intimi e stratificati, romantici e
consolatori, eppure fatti di sofferenza, tragici persino, con
sonorità commoventi, che talvolta si preferisce sottintendere
piuttosto che esplicitare.
Le
trame indulgono nei delicati temi relativi ai tormenti interiori
(solitudine, abbandono, tradimento, morte, suicidio), e,
naturalmente, all’amore o alla fine di esso, il tutto con uno stile
minuzioso ma placido, che seguiresti comunque, a prescindere da ciò
che narra, per il genuino piacere di farti scortare dal suo autore
nei territori segreti dell’anima.
Tra
tutti, il racconto che prediligo è “Kino”, dai contorni
vagamente fiabeschi, bellissimo e suggestivo, a livello concettuale e
metaforico, ma da segnalare c’è pure il bizzarro seguito de “La
Metamorfosi” di Franz Kafka, dai toni surreali e grotteschi, quasi
allegri, in cui, rivoluzionando i presupposti del classico in lingua
tedesca, lo scarafaggio si sveglia nel corpo di Gregor Samsa. Con
tutte le conseguenze del caso…
Un
volume evocativo, dolce, nostalgico, sofisticato e permeato di
eleganza, che, man mano vi ci si addentra, risulta più coinvolgente
e fluido...
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