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giovedì 19 gennaio 2017

Tra ansia e claustrofobia

10 CLOVERFIELD LANE
di Dan Trachtenberg
(2016)


A livello di trama nessun legame con Cloverfield, il disaster movie 2008 in cui il mostro non appariva mai.
Credevo fosse incentrato sullo stesso evento, solo seguito da un punto di vista diverso, invece…
Invece è un capolavoro (e senza angosciosa telecamera a spalla)!
L’idea di base, in particolare, è strepitosa, giocata su ambiguità e dubbi, su fili sottili d’angoscia e spettacolari ribaltamenti, che continuano a rinnovare i loro spunti, anche quando le paure sembrano altre.
Ed è proprio questo il punto: non ci preoccupiamo mai di ciò di cui davvero dovremmo, ma di qualcos’altro, abbastanza terribile da catalizzare la nostra attenzione, almeno fino a che le nostre prospettive subiscono un nuovo tracollo, stravolgendo tutto.
Cominciamo con un bell’incidente d’auto e ci troviamo in una stanza che sa di prigione sotterranea, incatenate al muro… Un tizio che sembra un maniaco ci dice che c’è stato un attacco alieno, che tutti quelli che amiamo sono morti, e che qui siamo al sicuro, però non possiamo uscire, presumibilmente per un paio d’anni, perché l’aria è contaminata. Ovviamente non gli crediamo, come potremmo? Del resto è lui che ci ha speronato con il suo furgone, ad un certo punto ci viene in mente…
I personaggi sono solo tre: la protagonista, Michelle (Mary Elizabeth Winstead), ragazza di poche parole, ma dalle infinite risorse; il maniaco (se lo è) Howard/John Goodman, che a volte ci sembra la persona migliore e più affidabile da avere vicino in caso di pericolo, più spesso ci terrorizza con un silenzio; il suo bracciante Emmet/John Gallagher Jr, che, tutto sommato, è dolce e ci piace… insieme fanno faville.
E dunque viaggiamo tra ansia e claustrofobia, schiacciati dall’enormità della situazione. Ma senza arrenderci. Senza smettere di sperare. Senza fidarci mai del tutto. E andando incontro ad uno shock dopo l’altro, che non necessariamente esclude il precedente.
Sono tanti gli elementi che ho apprezzato: la dualità della storia, la regia, il cast perfetto, la costruzione delle singole scene… Perfino il finale, che racchiude il vero paradigma del film (lottare, lottare sempre) e che, a mio avviso, non solo non lo immiserisce, ma è arioso e bellissimo…
Wow, era da tanto che una pellicola non mi colpiva così, sia sotto il profilo psicologico che creativo!!!

Non fatevela scappare!

2 commenti:

  1. Anche a me è piaciuto, anche se non ne sono entusiasta come te. Comunque carino ... e poi tiene viva l'attenzione per tutta al durata del film con soli tre personaggi ... quindi qualcosa di interessante c'è. Ci sono alcune cose che però mi suonano strane nel film ... ad esempio Hovard dice che la ragazza della foto era sua figlia ... Emmet nega questa circostanza ... Michelle mentre cerca di scappare dal cunicolo di aerazione trova la parola "help" scritta dall'interno del vetro del bunker ... quindi forse Hovard proprio un santo non lo era. Ma soprattutto: quando Michelle sembra convincersi che Hovard dica la verità e che fuori siano tutti morti come cavolo fa a essere così tranquilla e a non pensare minimamente alla sua famiglia evidentemente morta? Vabbè è un film lo so ... ma stride un pò

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    Risposte
    1. ATTENZIONE SPOILER
      Ma è proprio in quest'ambivalenza la genialità della pellicola! Nel fatto che lì per lì sei certo che Howard menta sull'attacco alieno e che sia solo una scusa assurda per tenerti lì... Invece l'attacco c'è stato, ed è ancora in corso. E ugualmente è solo un caso fortuito che sia avvenuto: il bunker è "uno stupratoio" e H. aveva speronato Michelle proprio allo scopo di rapirla... E' evidente. Howard è un rapitore seriale di fanciulle di cui poi finisce per abusare. Però in questo momento è anche quello che ci tiene in vita, che ci ha salvati, che è simpatico, colto e interessante! E da un lato torni a dubitare dell'attacco. Dall'altro sai che c'è, come da un lato speri che Howard sia una brava persona, ma dentro di te conosci la verità tremenda su di lui.
      Riguardo al secondo punto, invece, a me è parsa plausibile la reazione di Michelle: io non riuscirei a credere che sono morti tutti, e quindi non mi dispererei. Come mi sono salvata io possono essersi salvati gli altri (e infatti un avamposto resiste). Oppure, per quel che ne sa Howard, l'attacco ha riguardato solo quella zona lì. So che non è così, ma se io sono Michelle e di H. già non mi fido posso ipotizzare che sia così. A lui farebbe comodo, del resto, che io non avessi più nessuno. Quindi secondo me non stride nulla: la speranza è l'ultima a morire. E poi, lo sterminio dell'umanità è una cosa troppo grossa e fuori dagli schemi perché una persona normale riesca davvero a disperarsi. Semplicemente perché ha innanzitutto difficoltà a concepirlo.
      Grazie, però, di aver espresso il tuo stimolante punto di vista. Saluti, e a presto!

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