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venerdì 27 gennaio 2017

Siamo tutti frangibili

PERFETTI SCONOSCIUTI
di Paolo Genovese
(2016)


Un film che mi ha colpita tantissimo: duro, antipatico, pruriginoso, che tuttavia evita la vuota ordinarietà che rasenta nei suoi presupposti grazie al geniale colpo di scena finale, che in apparenza salva la trama dal tracollo, sottraendoci ad una conclusione vera e propria, ma in realtà rende il contesto ancora più squallido, vile e drammatico, bloccato in un’impasse che ha il sapore stantio dell’ipocrisia e che, ahimè, è destinata a rimanere così. E come tale ancora più infame.
La vera forza della pellicola, dunque, sta proprio nella sceneggiatura, con dialoghi serrati che variano dal volutamente banale al divertente, ma che sono soprattutto lo specchio delle relazioni false e disfunzionali dei protagonisti.
I perfetti sconosciuti del titolo, infatti, sono un gruppo di amici di vecchia data che si ritrovano come di consueto per una cena e quattro chiacchiere. In apparenza la classica compagnia affiatata e simpatica appartenente alla media borghesia, in cui ci si conosce da una vita e si ha condiviso tutto. Poco sotto la superficie, però, solo un becero insieme di gentaglia che più meschina, maligna e superficiale non si può.
Ognuno, infatti, nasconde almeno un segreto e l’escamotage per farlo emergere è condividere pubblicamente con la tavolata qualsiasi comunicazione si riceva sul proprio cellulare (e già dalla mancanza di riguardo per gli ignari interlocutori telefonici si evince quanto egoisti, immaturi e irrispettosi siano costoro).
Può sembrare un presupposto poco credibile, pretestuoso, così come altri passaggi nel prosieguo, ma la verità è che alla luce della pochezza dei protagonisti e delle malate dinamiche che li accomunano risulterà invece coerente che ci si comporti così e in modi persino peggiori.
Com’è logico, infatti, verrà fuori di tutto: corna, menzogne, omissioni, in un’escalation di miserie umane. Alcune, tutto sommato, quasi comprensibili, altre sinceramente imperdonabili. Tra tutte, benché possa apparire poca cosa in confronto a matrimoni saltati e amicizie rinnegate, quella che ho trovato più fastidiosa e imperdonabile è la premeditata e abituale esclusione di uno dei membri del gruppo dal gioco del calcetto, ovviamente alle sue spalle, nemmeno si capisce bene perché… Esclusione che tuttavia è rivelatrice di come i rapporti tra questi cosiddetti amici siano invece edificati su opportunismo e convenienze.
In conclusione, una pellicola interessante, non tanto per la resa tecnica o stilistica, e in realtà nemmeno per la trama, che resta comunque abbastanza vicina al cliché ed evita di approfondire o di creare spessore, quanto piuttosto perché stimolante a livello di implicazioni morali e spunti di discussione: c’è di tutto, come si diceva (rapporto con la prole, sesso, omosessualità, il senso ultimo di figliare, la difficoltà della convivenza, il significato del matrimonio…) e sempre in chiave polemica e bacchettona. Unica grande assente, guarda caso, è proprio lei: l’amicizia.
Ma, appunto per questo motivo, viene voglia di riflettere anche su di essa.

P.S.
Sovente, quando guardiamo un film, MPM mi accusa di vederne un altro, nel senso che è mia abitudine interpretarlo liberamente e dargli altri significati che non c’entrano nulla con quello che di fatto ho davanti. In effetti, a rileggere il post a distanza di qualche giorno, mi rendo conto di averlo fatto anche questa volta.
La morale di “Perfetti Sconosciuti” non è: guarda e compiangi questi miserabili, destinati, a causa dell’ignavia del protagonista, a rimanere nella loro bolla di cacca nonostante siano stati smascherati dinanzi a noi.
La morale del film è: “siamo tutti frangibili” quindi accettiamo l’ipocrisia che ci aiuta a tirare avanti. In teoria lo spettatore si dovrebbe immedesimare, riconoscendosi in questa precarietà di equilibri. Ma, mi dispiace, io proprio non ci riesco. E no, in realtà nemmeno mi dispiace: questi tizi che ci vengono presentati non sono frangibili, sono schifosi, spregevoli, vili.
Sarà che io ho sempre rifuggito le compagnie e le loro dinamiche perverse, preferendo coltivare rapporti con singoli individui altamente selezionati (che per comodità, magari, incontro in gruppo) ma… come si fa a immedesimarsi in gentaglia simile? E, intendiamoci, io non punto il dito contro corna, bugie e tradimenti in sé – che nel film vengono proposti come l’elemento più eclatante – le quali riguardano semmai le ragioni e le situazioni delle coppie, piuttosto ce l’ho con questi infami anafettivi e senza valori che, grazie a Dio, non sento come rappresentativi né di me né delle persone che frequento. Perciò no, non accetto nemmeno l’ipocrisia.
Semplicemente non sento come necessario che i miei amici mi dicano tutto, se non vogliono. Non è un diritto acquisito sapere tutto dagli amici: i fatti loro sono loro. Se vogliono condividerli con me ne sono onorata, se no, va bene lo stesso, vorrà dire che non me lo sono ancora meritata, o non è capitato, o ci sono altri motivi. Ma se mai dovessero emergere dei loro lati oscuri, la reazione dovrebbe essere di analisi e comprensione, non di scandalo e offesa.

Insomma, il film è carino, tiene viva l’attenzione, a tratti è divertente. Ma non lo giudico un capolavoro, e nemmeno lo reputo una pellicola impegnata. Semmai è un ameno divertissement incentrato su luoghi così comuni da apparire caricaturali e personaggi privi di umana tridimensionalità. 

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