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lunedì 13 novembre 2017

Superbo e agghiacciante

SCAPPA – GET OUT
di Jordan Peele
(2016)


Film notevolissimo, specie per chi ha la fortuna di guardarlo senza sapere nulla.
All'inizio sembra “Indovina chi viene a cena” in chiave moderna. Presto ci si rende conto che siamo lontani anni luce. Anzi, che siamo lontani luce da tutto (eccetto, forse, Ira Levin), perché proprio non capiamo dove si voglia andare a parare, e nemmeno se siamo in un thriller o in un horror, se le componenti sono solo pseudorealistiche e pseudoscientifiche o se sono destinate a sfociare nel soprannaturale. 
Gli indizi non mancano, e sono leali e coerenti, ma sul momento ci sbalestrano, senza fornirci una vera pista, riducendosi piuttosto ad un campanello d'allarme che suona sempre più forte nelle nostre teste, sino ad assordarci. Fino a che non lo gridiamo anche noi, “Scappa!”, senza sapere esattamente da chi o da che cosa. Ma al contempo sperando di no, perché vogliamo capire. Sapere. Scoprire.
E il disagio sale, sale sempre di più, ma a volte pare sfoci nella paranoia e allora mettiamo tutto in discussione. Persino quelle lacrime inquietanti e quelle espressioni congelate. Persino la nostra fidanzata, che adoriamo e di cui ci fidiamo ciecamente, perché in effetti è davvero un tesoro e un'altra così non la troviamo. Persino le terrificanti, sottili incongruenze che paiono in contrasto con le altre che già abbiamo osservato. Persino il tintinnio di un cucchiaino in una tazzina da the.
La prima parte del film è la più bella, la più ipnotica. Ma le aspettative non vengono tradite nel finale, che, anzi, è superbo e agghiacciante, e tale da recare in sé, oltre alla componente di suspense e orrore, persino connotati satirici e antirazzisti, di spaventosa suggestione e originalità (nonostante il già menzionato debito con Ira Levin).  
Perfetto il cast, strepitosi il climax e l'anticlimax, la trama, l'equilibrio intrinseco della pellicola, e... E quell'asta in giardino, silenziosa, muta, che blocca lo stomaco.

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